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Perché le persone diventano interessanti solo quando hanno dato le dimissioni?

Il fascino, discreto, del dimissionario

2 Novembre 2009 | di Arduino Mancini Dimissioni, che problema!

Post aggiornato il 24 marzo 2020

 

Bravi, professionali, preparati. E trasparenti.

Sembra essere questo lo stato di molte persone che lavorano sodo.

Lavorano, si sbattono, portano a casa i risultati e nessuno li guarda.

Carriera? Aumento di stipendio?

Vedremo, non è questo il momento.

E un giorno, quando meno te lo aspetti Palmiro, la persona che ignoravi, che mai avresti detto che se ne sarebbe andata, che consideravi una cosa tua, un soprammobile o poco più, ti si siede davanti con una lettera di dimissioni.

E allora la trasparenza si colora e scopri che il tuo collaboratore ha una sua consistenza fisica.

Sale l’ansia della sostituzione, del ricominciare da capo con uno che non conosci o che in quel posto non è proprio detto che ce la faccia.

Sì, perché lui è bravo.

Un incubo.

Come metterci una pezza subito?

L’aumento. Sì, con i soldi non si sbaglia.

5? 10? 20%? Meglio stare alti, meglio non rischiare.

Rimarrà? A volte rimangono, a volte vanno via lo stesso.

Perché in alcuni casi i soldi sono tutto (e se le dimissioni erano un bluff per ottenere l’aumento?), in altre contano meno.

Una cosa, certo, non paga mai: considerare le persone come proprietà dell’organizzazione.

Cosa ne pensi?

 

Trovi il post anche nel libro Palmiro e lo (s)management delle Risorse Umane – Tattiche di sopravvivenza aziendale.

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Commenti
PM Tools@Work 3 Novembre 2009 0:00

Proprio così.
Del resto è convinzione comune che "sono i migliori che ci lasciano".
Rino

Anonymous 3 Novembre 2009 0:00

Io trovo che proprio solo a colpi di dimissioni riesci a tenere sveglio l'animo altrui e io lo dico da imprenditore !
Il problema è che quando lo usi spesso poi cominci a crederci davvero, perchè i grandi temi incompiuti sono sempre lì…
Enrico

Anonymous 3 Novembre 2009 0:00

Bellissimo articolo.

Quasi quasi ci provo.

PM Tools@Work 3 Novembre 2009 0:00

Prims di provarci tieni presente che se qualcuno legge il tuo curriculum e vede che hai cambiato lavoro ogni 2 anni o poco meno, diventi inaffidabile e non ti assumono.
Soprattutto se fai un lavoro per cui l'azienda deve investire mesi o un anno per formarti, non restituisci l'investimento fatto su di te.
Rino

Gorizio 3 Novembre 2009 0:00

Bell'articolo.
Trovo una pecca nel dimissionario. Dovrebbe rendersi visibile, promuovere di più il suo operato ed i risultati ottenuti così da non risulatare poi tanto "trasparente". Riguardo il bluff ho già scritto tempo fa’ (post di anonimo).
Gorizio.

Stefano 24 Marzo 2016 0:00

Ciao, ieri mi è arrivato il tuo libro e l’ho letto tutto di un fiato.
Commento su questo articolo, ma potrei inserire lo stesso commento all’articolo “dimissioni per dire”, “rilancio”, ecc.
C’è un particolare di cui, secondo me, non hai parlato.
Proporre o concedere un aumento a chi dà le dimissioni (vere o finte che siano) creerebbe in azienza una situazione tipo “figliol prodigo”.
Si immaginino 2 colleghi, che svolgono lo stesso lavoro, pari livello e magari pari bravura. A quello che minaccia di andarsene viene dato l’aumento.
L’altro collega ci rimane male “ma come, io sono rimasto fedele all’azienda, lui ha cercato di tradirla passando alla concorrenza e oltretutto premiano lui”?

Stefano 24 Marzo 2016 0:00

Ho dimenticato un altro motivo per cui trattenere un dipendente dimissionario con un aumento è un male: da dipendente, in un primo momento sarei contento per l’aumento. Subito dopo penserei “ma allora se oggi mi danno 1500 e fino a ieri 1300 pur svolgendo lo stesso lavoro, significa che fino a ieri mi hanno rubato 200 euro”. Se si vuol dare l’aumento secondo me è meglio cercarne una giustificazione, ad esempio “Capisco, se ha bisogno di nuovi stimoli potremmo darle un ruolo diverso con piu’ responsabilità, questo aumenterebbe anche la retribuzione di X%”. In questo modo, giustificando l’aumento con un cambio di ruolo (anche minimo) si eviterebbe che il dipendente creda di essere stato sfruttato fino al giorno prima e si evita anche il malumore dei colleghi (non è cosa buona avere colleghi di pari bravura con stipendi diversi tra loro dovuti solo al ricatto di dimissioni).

AM 24 Marzo 2016 0:00

Ciao Stefano,
sono contento che tu abbia letto Palmiro: mi auguro che vorrai iscriverti a tibimail, la newsletter del blog https://www.tibicon.net/tibimail
Vero, ho trascurato l’effetto figliol prodigo, che rientra anche nell’aspetto, ancor più importante, dell’equità retributiva (che forse non ho sottolineato a sufficienza).
L’equità percepita è un aspetto fondamentale, che troppe aziende trascurano in omaggio al mantenimento di un precario equilibrio.
Grazie per il contributo.
A presto leggerti,
Arduino

Stefano 27 Novembre 2017 0:00

Ciao Arduino,
alla fine, dopo che da circa 6 anni avevano promesso, a me e a un paio di colleghi, un aumento di livello (e dopo 16 anni nell’azienda), puntualmente rinviato ogni volta con una scusa, compresa quella incredibile che l’ufficio del personale era impegnato con una questione urgente dopodiche’ avrebbe preparato la lettera del mio aumento (poi sono passati altri 2 anni), ho dato io le dimissioni, ma per davvero, non “per dire”.
Le dimissioni le ho date perché ho vinto un concorso pubblico.
Una settimana dopo che ho lasciato il posto sono arrivati gli aumenti (attesi da anni) agli altri colleghi che lo attendevano insieme a me.
Sembra una beffa ma probabilmente è stato un caso e sarebbe arrivato anche a me solo che sono andato via prima.
In realtà è stato meglio così: se avessi avuto l’aumento ci sarebbe stato il rischio che fossi rimasto in azienda rifiutando la chiamata nel posto pubblico, rischiando di pentirmene amaramente alla lunga (oggi come oggi un posto pubblico vale oro, le assicuro che ho fatto molti concorsi per B3 e C1 negli enti locali e anche per B3 c’erano candidati iscritti all’albo di Avvocato o Commercialista e laureati di vario tipo, anche ingegneri).

AM 5 Dicembre 2017 0:00

Ciao Stefano,
faccio fatica a pensare che una scelta come la tua dipendesse semplicemente da un aumento di stipendio.
La cosa importante è che tu, ora, sia felice della scelta fatta: quindi, tanto meglio che l’aumento non sia arrivato.
Tanti auguri per il tuo futuro.

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