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Se nascessi oggi non frequenterei l'Università

Secondo due rapporti presentati il 7 marzo, realizzati dal Consiglio Universitario Nazionale e dal consorzio Almalaurea, le iscrizioni a facoltà universitarie sono diminuite del 5% nell’ultimo anno e del 9,2% negli ultimi 4: 26 mila nuovi studenti in meno.

L’Università privata cresce del 2% mentre quella pubblica se la passa malissimo.

Nel 2010 si è iscritto il 62% dei neodiplomati. Erano il 66% nel 2009, il 65% nel 2008 e il 68% nel 2007.

Vanno meglio le facoltà scientifiche, piuttosto male quelle a orientamento umanistico o sociale.

A cosa attribuire questa situazione?

Non certo all’inutilità di una laurea, poiché i laureati presentano un tasso di occupazione dell’11% superiore a quello dei diplomati (77 contro 66%) e la retribuzione supera del 55% quella percepita dai diplomati.

Secondo Andrea Lenzi, presidente del Cun, manca una efficace politica di orientamento nelle scuole superiori.

C’è poi da dire che fra i 28 paesi dell’Ocse il finanziamento italiano, pubblico e privato, in istruzione universitaria è superiore solo a quello di Slovacchia e Ungheria: ma si sa, la terra di Dante non ha mai apprezzato troppo il valore del sapere e a chi governa la qualità dell’istruzione non sembra interessare granché.

E poi ci sono le condizioni economiche delle famiglie, che non liquiderei citando lo stucchevole tema della crisi economica; anche se avessimo una crescita economica sostenuta il livello dei salari non sarebbe tale da consentire a tutti l’accesso a un’istruzione superiore.

Un esempio personale.

Ho frequentato da fuorisede la facoltà di ingegneria all’Università La Sapienza di Roma dal ‘75 all’81, condividendo la stanza con uno o due amici. Mio padre lavorava in fabbrica e percepiva uno stipendio che oggi potremmo assimilare a € 1500-1700 al mese: casa in affitto.

Difficile pensare di fare altrettanto per i miei figli con lo stesso livello di reddito.

In Italia esiste un problema serio di salari e di distribuzione della ricchezza, che finisce per privare larghe fasce della popolazione dell’opportunità di accedere a un livello di istruzione superiore.

Una situazione che finisce per danneggiare non solo gli interessati ma anche tutta la comunità, che vive il progressivo depauperamento del proprio capitale intellettuale e della competitività da esso generata.

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