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Ditegli sempre di sì

20 Giugno 2011 | di Arduino Mancini Creatività e innovazione - Fare il (e la) leader, che fatica…

dategli-ragione

Dire al capo ciò che gli piace sentirsi dire produce in genere buoni risultati.

Influisce positivamente sul suo umore e sulla stima di sé.

Tutto qui? No, c’é dell’altro.

La comunanza di idee favorisce la vicinanza che si genera fra persone che si sentono affini: il che significa una posizione migliore in vista di carriera e aumenti di stipendio.

È anche vero che l’appiattimento di pensiero non aiuta a trovare soluzioni innovative, e che senza innovazione le organizzazioni tendono ad andare a picco.

Tuttavia, ricordo di essere entrato in contatto con imprese nelle quali lo sforzo delle persone non era quello di ragionare con la propria testa ma di intuire il pensiero del capo e di allinearsi disciplinatamente ad esso: e l’organizzazione macinava profitti, frutto della genialità del leader indiscusso.

Quale atteggiamento, allora, ci conviene tenere?

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Commenti
Roberto 27 Giugno 2011 0:00

Io la vedo così: gli Yesmen sono indispensabili in organizzazioni di tipo militare, dove la rapidità di decisione è determinante per la buona applicazione di una strategia attentamente pianificata e mai improvvisata.
In una organizzazione aziendale che opera con tempi e modi ben diversi da quelli militari, il capo può avere ottime o pessime idee, in quanto umano e soggetto ad errori. Credo che un dipendente abbia il DOVERE di manifestare garbatamente la propria opinione e il capo abbia il DOVERE di ascoltarlo. Certo che è difficile individuare i tempi e gli strumenti per fare ciò.
Un comportamento del dipendente rivolto a capire i motivi che portano il capo a prendere certe decisioni è doveroso, mentre credo che la cieca obbedienza priva di qualsiasi contributo dato all’organizzione sia solo un amplificatore delle incapacità di persone sbagliate al posto sbagliato.
Nel mio lavoro mi capita di prendere decisioni che devono essere messe in pratica da altri. Un mio collaboratore che non obbietta alle mie decisioni, pur essendo in disaccordo, diventa automaticamente inutile, anzi dannoso per il progetto.

corrado 27 Giugno 2011 0:00

credo che la vignetta estremizzi un modus operandi diffuso specialmente nel middle management, in quei ruoli manageriali dove però la propria esistenza in azienda è fortemente legata alla decisione del top manager di riferimento. Sono un sostenitore di un sano dibattito in fase di brain storming, anche acceso per sviscerare al meglio le opzioni disponibili. d’altro canto alla fiine il capo è pagato per decidere e assumersi le proprie responsabilità in merito quindi, una volta scelta la strategia o la linea d’azione, remare decisi per perseguirla senza ripensamenti fissandosi dei check point nel tempo per apportare eventuali correttivi. In altre parole, non dire sempre si, ma chiarezza nei ruoli e una volta presa la decisione, si fa così.

Gorizio Ciancarelli 27 Giugno 2011 0:00

Credo che influisca positivamente sull’umore di un buon leader un dipendente con cui dialogare, scambiare idee e opinioni al fine di valutare la miglior azione possibile da intraprendere. Questo atteggiamento rende il dipendente partecipe di una decisione, migliora il suo umore e la sua efficienza.
Tuttavia esistono organizzazioni o particolari situazioni in cui gli yesmen, cui fa riferimento Roberto, sono indispensabili e l’unica soluzione.

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