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Perché la noia è nemica dell'apprendimento

Hai mai pensato a una scuola senza professori?

30 Luglio 2014 | di Arduino Mancini Capitale intellettuale, Proprietà Intellettuale

Uno dei miei crucci è quello di non aver imparato, a scuola, quanto avrei potuto.

Troppo spesso le ore in classe trascorrevano nell’attesa della campanella e a casa cercavo di fare in modo che il supplizio che mi era stato assegnato durasse il meno possibile; o non durasse affatto.

Perché accadeva questo?

Meglio di me può spiegartelo Bertrand Russell in questo breve passo.

Si costringono i bambini a imparare a memoria brani di Shakespeare, col risultato che il suo nome rimarrà poi sempre sinonimo di noia pedante.

Se i bambini potessero incontrarlo di persona, pieno di birra e d’allegria, e se non ne avessero mai sentito parlare prima, potrebbero interessarsi, tramite la sua allegria, alle cose che scrisse. Ma se a scuola li hanno vaccinati contro di lui, non riusciranno mai a goderselo.

La stessa cosa si può dire per le lezioni di musica. Gli esseri umani hanno la capacità di godersi spontaneamente certe cose, ma i moralisti e i pedanti se ne impadroniscono, e dopo averne estratto quel ch’essi considerano il veleno del piacere le lasciano lugubri e tristi e sprovviste di tutto ciò che dà loro valore.

Shakespeare non scriveva con lo scopo di annoiare i ragazzi di scuola, ma con l’intenzione di rallegrare il suo pubblico. Se uno non trova il suo piacere a leggerlo, è meglio che lo lasci da parte.

Seguivo puntualmente le istruzioni di Russell; e con me moltissimi altri, che nel prosieguo della loro vita hanno continuato a considerare l’apprendimento un’esperienza sgradevole, dalla quale tenersi a debita distanza.

Ecco, se davvero vogliamo rilanciare il nostro Paese e pensiamo che la conoscenza abbia, per questo fine, un ruolo determinante, allora dobbiamo fare di tutto per rendere l’apprendimento interessante e coinvolgente, ripensando la didattica nella sua interezza.

Come? Basterà l’introduzione del tablet in qualità di strumento didattico, della quale si parla da più parti come la panacea di tutti i mali?

Il tablet aiuterà, certo, per una serie di ottime ragioni, ma nulla potrà se non saremo capaci di cambiare il rapporto fra ragazzi e insegnanti, del modo in cui si trasferisce sapere e si impara a crearne di nuovo.

Perché non abbiamo bisogno di un professore che trasferisce nozioni dalla sua testa ad altre ma di un maestro capaci di accompagnare i ragazzi in un’esperienza di apprendimento della quali sono essi stessi protagonisti, magari aiutandoli ad imparare anche quello che egli stesso ignora.

Cosa ne pensi?

 

Utili informazioni:

  • il brano di Bertrand Russell è tratto da Nuove speranzr in un mondo che cambia, Longanesi 1952;
  • ecco cosa pensa Giorgio Albertazzi di maestri e professori.
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Commenti
Roberto 6 Agosto 2014 0:00

Ciao Arduino,
ho ritrovato nelle parole di B. Russell la famosa massima attribuita a Quintiliano e che sicuramente conoscerai… “i ragazzi non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”.
Che meraviglia e che risultati straordinari otterremmo se tutti i maestri, nel senso più ampio del termine, ne prendessero coscienza!

    AM 7 Agosto 2014 0:00

    Com non essere d’accordo Roberto?
    A presto leggerti, Arduino

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