Lo stratagemma che vado a presentarti è tratto dal libro I 36 stratagemmi, capolavoro del pensiero cinese che può interessare chiunque sia coinvolto in situazioni di conflitto: in azienda, in politica, nel business e nella vita privata.
Lo stratagemma consiste nel dissimulare la direzione nella quale si intende procedere, nascondendo le reali intenzioni dietro un comportamento innocuo o apparentemente ordinario.
La sua traduzione letterale è la seguente:
Riparare il ponticello di legno alla luce del sole, marciare di nascosto verso Chencang.
Lo stratagemma può essere impiegato:
Lo stratagemma è incluso fra quelli impiegati per resistere al nemico.
Questo tipo di stratagemma include tattiche di solito impiegate per azioni di difesa, cioè quando si vuole impedire a un avversario di lanciare un’offensiva o quando ci si vuole opporre ad essa.
Come ogni difesa ben attuata può condurre a prevalere, anche nel breve.
Le variabili chiave sono tre: la dissimulazione, il tempo, la segretezza.
La dissimulazione è fondamentale, poiché ci permetterà di indurre l’avversario a credere che intendiamo perseguire un obiettivo mostrando chiaramente azioni e intenzioni, nascondendo l’obiettivo reale.
Le forze saranno orientate in una direzione nota all’avversario, inducendolo a mettere in atto le tattiche che riterrà opportune (tattiche che noi avremo previsto e che saremo pronti a fronteggiare); in realtà le nostre azioni prenderanno una direzione diversa, mantenuta segreta fino a quel momento, che permetterà di penetrare senza ostacolo nelle sue difese.
Altri elementi chiave sono il tempo e la segretezza.
In questo stratagemma, al contrario di altri, non è la rapidità a guidare l’azione ma il momento opportuno, quello in cui l’avversario ha maturato la percezione della situazione che abbiamo generato e la nostra azione può raccogliere i risultati desiderati.
Poiché l’azione non è immediata e lo stratagemma può prevedere un lasso tempo fra la sua progettazione e il suo impiego, è opportuno fare attenzione alla circolazione delle informazioni, poiché più tempo passa più alta è la probabilità che le “voci” si diffondano; con il rischio che, specie se la sua applicazione ha carattere difensivo, il timore della sconfitta possa indurre una o più persone a passare nelle file avversarie, trasformandosi in spie.
Lo stratagemma prende il nome da un episodio avvenuto nel 206 a.C., durante il conflitto fra lo stato di Chu e gli insorti guidati Xiang You e Liu Bang.
Questi ultimi entrarono in conflitto fra loro: Xiang Yu conferì a se stesso il titolo di capo dell’aristocrazia e Liu Bang, che poteva contare su un esercito meno potente, dovette rifugiarsi a Hanzhong, bruciando dietro di sé tutti i ponti che avrebbero permesso all’avversario di raggiungerlo.
Fu Han Xin, il comandante in capo dell’esercito di Liu Bang, a dare vita allo stratagemma.
Egli decise di impiegare migliaia di uomini nella ricostruzione dei ponti distrutti, con un duplice scopo: indurre Xiang Yu a credere che un attacco avrebbe avuto luogo in un secondo momento e dissimulare la reale direttrice dell’attacco.
Del resto, come poteva Xiang Yu pensare che Han Xin potesse impiegare migliaia di persone nella ricostruzione di ponti che non aveva intenzione di impiegare?
Così Han Xin attaccò inaspettatamente Chencang, sfruttando una scorciatoia, sbaragliando gli avversari.
Questo episodio testimonia come la convinzione che la vittoria potesse essere raggiunta solo inducendo l’avversario a pensare in modo convenzionale fosse diffusa già nell’antichità, e che l’abitudine a nascondere al nemico le reali intenzioni era già molto impiegata.
Sono piuttosto numerosi: vediamone alcuni.
Lo stratagemma è normalmente applicato in fase di analisi di alleanze/partnership strategiche fra imprese.
Può accadere che un’impresa A intraprenda la trattativa per acquistare un’azienda B, con lo scopo reale da parte degli azionisti di A di vendere oppure allearsi con un’organizzazione C in possesso di asset complementari.
La trattativa, per il mercato riservata ma avviata in modo trasparente nella percezione di B, può celare intenti diversi.
Eccone alcuni:
Altro esempio di applicazione dello stratagemma può essere individuato nell’ambito dello sviluppo di carriera all’interno di un’organizzazione.
Anche in questo caso lo stratagemma può prendere forme diverse:
Quando siamo coinvolti in una situazione quale quella relativa a un’alleanza strategica di cui abbiamo fatto menzione, faremmo bene a considerare la possibilità che la controparte non abbia una sola opzione e che quella che ci riguarda non sia per loro l’unica possibile; metterci nei loro panni, guardare il mondo con i loro occhi, verificare la possibilità che lo scenario che abbiamo di fronte non sia stato costruito ad arte, evitare di credere vere solo le alternative che ci piacciono sono atteggiamenti che ci aiuteranno a evitare di cadere nella trappola.
Quando invece a essere interessato è l’ambito organizzativo l’approccio può essere diverso, ma resta focalizzato nella comprensione della molteplicità delle scelte che le persone possono operare.
Nel caso del professionista che lavora per un’azienda anche se essa non rappresenta lui/lei la migliore opzione possibile, ci troviamo di fronte a un errore tipico del processo di selezione; infatti, non di rado accade che sia verificata in un candidato la motivazione a ricoprire un certo ruolo ma non la natura di tale motivazione (soldi? Non aveva altre opportunità? Altro?) e ancor meno la rispondenza fra la visione che la persona ha di sé come professionista e il ruolo stesso.
Già, la visione di sé, questa sconosciuta:
Per comprendere appieno la complessità del tema in questione, ti racconto il caso di un project manager proveniente dal mercato dell’automazione industriale, abituato a gestire commesse di budget rilevante, che aveva accettato un ruolo di peso paragonabile in una società di consulenza; la persona non si sentiva a proprio agio nel nuovo ruolo, poiché la gestione di un budget di minore portata gli dava la fastidiosa sensazione di avere uno scarso peso in azienda.
E fini per lasciare la società di consulenza.
Per quanto riguarda la persona in conflitto con l’impresa, infine, è necessario capire se si tratta di una persona che l’azienda intende o no trattenere; in quest’ultimo caso sarà opportuno registrare positivamente l’impegno nel lavoro ma non lasciarsi ingannare, magari credendo che le divergenze possano “risolversi da sé”, senza che siano affrontate: perché l’illusione raramente compone i conflitti.
Affrontare le situazioni difficili, gestire le criticità anche latenti è duro ma sempre conveniente, perché la polvere sotto il tappeto non finisce da sola nella pattumiera: resta lì.
Non credi?
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