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Giusto pagare l’AD 183 volte lo stipendio medio?

27 Ottobre 2015 | di Arduino Mancini Retribuzioni

superstipendi

Secondo un rapporto pubblicato dall’High Pay Centre e relativo al 2014, in Gran Bretagna gli amministratori delegati delle prime 100 società quotate a Londra (indice FTSE-100) guadagnano mediamente 183 volte il salario medio nazionale.

È giusto tutto ciò? Il contributo di un CEO è davvero tale da giustificare un tale divario?

L’eco della notizia sui mezzi di informazione è stata vasta e il tema è troppo intrigante per rinunciare a dire la mia; ma prima vorrei definire meglio lo scenario.

Come detto i CEO (Chief Executive Officer, Amministratore delegato) guadagnano in media in UK 4,96 milioni di sterline all’anno, 183 volte in più del salario medio nazionale; nel 2010 i loro stipendi erano in media pari a 4,1 milioni di sterline e il rapporto pari a 160: la crescita delle retribuzione degli amministratori delegati è stata quindi ben superiore a quella della media dei lavoratori britannici.

L’High Pay Centre, l’istituto che ha redatto il rapporto, ha commentato per bocca della direttrice Deborah Hargreaves affermando che “stipendi di queste dimensioni vanno ben oltre quanto necessario per remunerare e incentivare i dirigenti”; la manager ha anche aggiunto che le strutture di corporate governance in Gran Bretagna sono troppo deboli, ci sono troppi conflitti di interesse e si sarebbe formato un nucleo di persone con stipendi astronomici.

La CBI, Confindustria britannica, ha commentato il rapporto affermando che le elevate retribuzioni debbono accompagnarsi a risultati altrettanto eclatanti, sottolineando il ruolo degli azionisti e dei consigli di amministrazione nel tenere sotto controllo la dinamica delle retribuzioni.

Il commento più interessante arriva da Sam Bowman, vice direttore generale dell’Adam Smith Institute, un think tank liberista; leggiamo insieme le sue parole.

Gli investitori considerano i dirigenti come estremamente importanti per il valore delle imprese, poiché le scelte strategiche sono quelle che determinano la prosperità o la bancarotta. Per questo motivo, può essere ragionevole per pagare molto dirigenti qualificati con buona capacità di valutazione.

Ha ragione Sam Bowman? Facciamo qualche riflessione.

Il mondo è diventato sempre più complicato e il business non fa eccezione; infatti, la gestione d’impresa ha raggiunto un livello di complessità tale da richiedere competenze tanto diversificate da non poter essere possedute da una sola persona.

Aggiungo che autorevoli studiosi di psicologia cognitiva, che hanno affrontato il tema delle decisioni in condizioni di incertezza, mettono in guardia proprio dalle decisioni prese da esperti, i quali tendono a non essere contraddetti da quanti esperti non sono o non sono autorizzati a ritenersi (primi fra tutti i collaboratori), e hanno una fiducia nelle proprie decisioni spesso non giustificata, che li porta a sovrastimare i risultati attesi; con una crescita dei rischi non controllata.

Insomma, quello che ci propone Sam Bowman è il modello dell’uomo solo al comando, che storicamente ha fatto acqua, e che sembra piacere a due categorie di persone:

  • manager che amano essere strapagati e che hanno un’opinione “largheggiante” delle loro competenze;
  • azionisti che vedono nell’affidare a una persona la responsabilità del risultato una comoda scorciatoia per un profitto che non sembra riconoscere più, nel tempo, un alleato.

Insomma, la speranza sembra essere, anche in UK, la strategia prevalente nella gestione d’impresa.

Cosa ne pensi?

 

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Un altro articolo su tema delle retribuzioni dei top manager? Fai clic qui.

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Commenti
Stefano Marchetto 28 Ottobre 2015 0:00

Ciao Arduino,
secondo me lo stipendio dei dirigenti potrebbe essere un attimo rivisto, in quanto, come si sa, alcuni di soldi ne prendono veramente tanti.
Io partirei da un minimo, sicuramente non di 183 volte più alto di quello di un impiegato, poi in base all’efficacia delle sue scelte e dei risultati delle sue strategie verrà valutata la possibilità o meno di aggiungere un “bonus premio” che aumenti la sua retribuzione.
Chi è armato di potere dovrebbe ricordarsi che può dirigere il carro, ma non tirarlo avanti da solo.

Stefano

Maurizio 8 Novembre 2015 0:00

Rispondere è semplice e complicato .
Semplice dal punto di vista sociale,
Complicato da quello compensi/risultati raggiunti.

Dal punto di vista della ragionevolezza ritengo che il contesto ci potrebbe suggerire numerose ipotesi di suggestion su tale importante argomento.

Ritengo innanzitutto “scellerato” erogare premi in presenza di perdite , in alcuni casi , considerevoli, e che tra l’altro, inibiscono. Il sistema premiante in favore di tutte le altre figure minori fino al commesso.(cfr le banche negli ultimi 3 esercizi, in assenza di premi/Vap a tutto il resto del personale , gli AD hanno percepito premi milionari);

Quale parola poi bisogna usare in luogo di “scellerato” per indicare un comportamento che premia un Ad che ha portato al fallimento un impresa, questo lo lascio a tutti voi.

In una situazione come quella che ci impegna , dove l’accavallamento delle 2 crisi (finanziaria/debiti pubblici ) ha prodotto danni di tipo “epocale”, che non hanno alcun tipo di analogia per la gravità , che ha causato una miseria talmente diffusa da generare una contrazione dei consumi letale x moltissime imprese, e addirittura x interi sistemi paese.
E ancora, in un sistema sociale dove i comportamenti , tutti i comportamenti , sono motivati dalla “Percezione” SUPERFICIALE delle cose, di ogni comportamento , o informazione ricevuta ,
E non da una attenta analisi del l’essenza delle cose, dei comportamenti, e delle informazioni ricevute;

Quale giovamento reale ha una differenza così rilevante (183 volte)????????

Howard Gardner profetizza che solo la cooperazione tra popoli garantirà l’esistenza della stessa Umanità ,

A cosa é efficace tale divario?

O meglio , sarebbe più efficace alla generazione di valore per le imprese, x il territorio e il nostro sistema sociale , che la differenza di stipendio tra l’AD ed uno stipendio non fosse a 20 volte??????

AM 10 Novembre 2015 0:00

Ciao Maurizio,
il tuo commento è sottoscrivibile dal sottoscritto per larga parte.
Trovo particolarmente interessante la tua ultima domanda:

sarebbe più efficace alla generazione di valore per le imprese, x il territorio e il nostro sistema sociale , che la differenza di stipendio tra l’AD ed uno stipendio non fosse a 20 volte??????

La risposta è complicata, perché ci porta a valutare un moltiplicatore ottimale che non esiste.

Ciò che mi piacerebbe è vedere imprese e azionisti meno legati all’idea dell’uomo solo al comando, che lascia troppo spesso dietro di sé maceria.

Grazie del commento e a presto leggerti.

Arduino

Cesare 11 Novembre 2015 0:00

Il senso di giustizia mi dice che il divario non dovrebbe essere troppo alto, ma dove mettiamo il limite, e con che diritto? Per cui in linea di principio le normative non dovrebbero interferire nella politica retributiva di aziende private se non per fissare retribuzioni minime legate al rispetto della nostra Costituzione (art. 36), e dovrebbe essere il CDA a capire quanto vale un manager… ma credo che almeno una norma che vieti di elargire bonus a chi lascia aziende in difficoltà dovrebbe esserci, a tutela degli altri dipendenti, degli investitori e di conseguenza della collettività.
Anche perché poi stato e lavoratori pagano gli ammortizzatori sociali e se ad andare male è un’azienda importante (compagnia aerea, banca, automotive) tocca anche salvarla.

Diverso ovvimente il caso delle aziende pubbliche, dove del resto un massimale esiste già (e viene aggirato, ma questa è un’altra storia).

AM 12 Novembre 2015 0:00

Lungi da me l’idea di mettermi a fare quello che detta le regole, ma non posso fare a meno di criticare l’atteggiamento che sembra vedere come risolutivo l’uomo solo al comando.
E poi, non è detto che ci sia pochissimo da fare. So che questo articolo lo hai letto, ma te lo ripropongo qui lo stesso https://www.tibicon.net/2013/03/cosa-insegna-il-referendum-svizzero-sulle-retribuzioni-dei-top-manager.html
A presto leggerti,
Arduino

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