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Scopriamoli insieme!

I 5 tipi di sapere che generano vantaggio competitivo

Post aggiornato il 27 luglio 2021

Qualche giorno fa, dopo un po’ di tempo, sono tornato a sfogliare il mio libro Capitale intellettuale, chi era costui?.

Il volumetto tratta il tema di come l’impresa possa individuare e impiegare la conoscenza che possiede o che sa rendere disponibile al fine di generare valore.

Le pagine relative al capitale dell’organizzazione mi hanno fatto riflettere sul fatto che nel libro mi sono concentrato sul sapere più o meno consapevolmente disponibile nell’impresa.

È corretto l’approccio che ho seguito?

Solo in parte.

Perché se è vero che possiamo impiegare solo il sapere effettivamente disponibile, è altrettanto vero che

dobbiamo concentrarci anche sulle forme di sapere
sulle quali non possiamo contare

passando da una visione statica a una visione dinamica della gestione della conoscenza organizzativa.

E la domanda che prende forma è la seguente:

quali sono i tipi di conoscenza sui quali l’impresa deve concentrarsi
per costruire il suo vantaggio competitivo?

Pensa che l’organizzazione debba concentrarsi su 5 tipi di conoscenza:

  1. la conoscenza disponibile, tacita ed esplicita;
  2. la conoscenza non disponibile ma che si è in condizione di reperire (fonti, fornitori, partner di varia natura, personale, consulenti, ecc.);
  3. la conoscenza non disponibile, posseduta dai concorrenti;
  4. il sapere non disponibile e del quale non si conosce l’esistenza ma che è possibile reperire (fonti, partner di varia natura, personale, consulenti, ecc.);
  5. il sapere non disponibile e del quale non si conosce l’esistenza, non reperibile attraverso mezzi noti o individuabili.

Cosa ne pensi? Ho dimenticato qualcosa?

Quale, fra i tipi di sapere che ho menzionato, consideri più importante degli altri?

Vuoi sapere di più circa la gestione del capitale intellettuale? Un libro e un corso di formazione potranno aiutarti:

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Commenti
Michele D'Urzo 3 Maggio 2017 0:00

Interessante classificazione che parte, a mio parere, con un bias: che la conoscenza sia un valore assoluto, in quanto “conoscenza del vero”, e che quindi, baconianamente, fonte di potere.
Purtroppo la storia della scienza insegna che ci sono state anche conoscenze fallaci, di ostacolo al progresso, includo anche dogmi, tabù, credenze e superstizioni che si trasmettono più o meno con gli stessi canali della conoscenza “buona” (tra virgolette).
Quindi, direi che mentre la sottintesa ambizione è di trasformare i tipi dal 2 al 5 in conoscenza di tipo 1 (arricchire il proprio patrimonio), ci dovrebbe essere anche una conoscenza di tipo ZERO di cui ci si dovrebbe disfare, come inutile zavorra.
Spesso si lavora e si pensa in modo “additivo”, ma talvolta “less is more”.

AM 12 Maggio 2017 0:00

Ciao Michele,
grazie per l’interessante e utile osservazione.
In effetti ho, erroneamente, dato per scontato che quella indicata al punto 1) fosse già “depurata” da ciò che di ridondante, inutile e dannoso possa contenere.
Ne terrò conto per la mia aula e per ciò che scriverò in futuro.
Grazie e apresto leggerti.
Arduino

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