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Brexit - L’indecisione, apparente, di Theresa May

6 Settembre 2016 | di Arduino Mancini Brexit, che tragedia!

stratagemmi politici

È passato del tempo dal referendum sulla Brexit, nel quale il popolo britannico ha votato per lasciare l’UE.

Da allora sono successe molte cose; prima fra tutte l’avvicendamento alla guida del governo britannico, con la sostituzione di David Cameron con Theresa May, esponente del partito Conservatore che aveva prima del referendum avvertito i concittadini circa i pericoli del “leave”.

Ora, a che punto siamo?

Mrs May ha parlato al popolo britannico, assicurando che “la volontà popolare sarà osservata” a che “la Brexit sarà un successo”.

Ha anche incontrato molti capi di stato e di governo, specie quelli della UE,  dichiarando di non avere alcuna fretta di avviare le procedure di uscita, peraltro non formalizzate, e rassicurando gli ex partner che nulla cambierà per i cittadini stranieri che vivono in Gran Bretagna e, più in generale, nei rapporti con l’Europa.

Poche idee e ben confuse, quindi?

Non proprio: vediamo perché.

La partita più difficile Theresa May la sta giocando internamente.

L’Irlanda del Nord ha annunciato di voler lasciare la Gran Bretagna e di volersi ricongiungere alla madre patria irlandese; la Scozia, che ha votato per oltre il 62% per il “remain” e solo due anni fa aveva votato per un soffio per la permanenza nel regno, sembra decisa a rimanere un membro della UE: anche a costo di abbandonare Sua Maestà.

Fra le due situazioni, la più ostica è senza dubbio quella scozzese.

«Siamo pronti a considerare qualsiasi opzione» afferma Nicola Sturgeon, la premier indipendentista scozzese, «ma non permetteremo alla Gran Bretagna di portarci fuori dall’Unione Europea».

Per tutta risposta Theresa May ha affermato che non avvierà negoziati per l’uscita dalla UE finché non ci sarà “una posizione unitaria nazionale”: cioé fino a quando Scozia e Irlanda del Nord non saranno d’accordo con le posizioni del governo centrale.

Come potranno comporsi i diversi interessi?

Difficile che gli scozzesi facciano un passo indietro; credo piuttosto che il primo ministro britannico si troverà ben presto a scegliere fra un referendum secessionista scozzese e uno nazionale per rimangiarsi la Brexit.

Meglio rinunciare alla Brexit che disintegrare lo stato, no?

Quanto a noi, tutto quello che dobbiamo fare è aspettare un tempo ragionevolmente lungo: quei 12-18 mesi che permetteranno a Theresa May di salvare la faccia con il mondo intero, cedendo alle richieste scozzesi.

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