In un mondo in cui tutte le imprese dichiarano ai quattro venti di essere innovative e di fare della tecnologia la leva per la costruzione e il mantenimento di un vantaggio competitivo durevole, è più lecito porre a noi stessi una domanda complicata:
“La tecnologia può rappresentare un ostacolo all’innovazione?”
Io credo di sì, e più spesso di quanto non crediamo: in questo articolo cercherò di spiegartene le ragioni.
Innanzitutto poniamoci due domande:
Se hai già una risposta, puoi smettere di leggere l’articolo perché non ti dirà niente di nuovo: in caso contrario dedicare un paio di minuti alla sua lettura non ti recherà danno.
Diciamo subito che in Italia possiamo trovare quattro tipi di imprese:
La particolare struttura del tessuto industriale italiano fa sì che le imprese appartenenti al gruppo 2 siano particolarmente numerose, come del resto quelle del primo e del terzo gruppo.
Che dire invece delle aziende che troviamo nel gruppo 4? Quali sono le loro caratteristiche?
Queste organizzazioni hanno capito che la creatività non è ad appannaggio solo dei geni, dei ribelli o degli artisti, e che la generazione di nuove idee avviene attraverso la (ri)scoperta e l’impiego di tecniche di pensiero che sono alla portata di tutti; perché tutti possono apprenderle.
L’importante è volerlo.
Del resto, il tratto personale è una variabile importante, ma il singolo genio raramente potrà competere con un’organizzazione che, coralmente, ha imparato a esplorare i confini della propria capacità di inventare: Google insegna.
Queste imprese hanno anche compreso che non c’è creatività senza libertà, e che il clima organizzativo è una variabile fondamentale; responsabilizzazione, motivazione, comunicazione, apprendimento, circolazione della conoscenza e valorizzazione dell’errore rappresentano aspetti che l’organizzazione ha imparato a praticare senza esitazioni.
Dopo questa doverosa premessa possiamo chiederci:
L’impatto della tecnologia è certo considerevole, ma può non essere positivo: vediamo per quale ragione.
Negli ultimi venti anni l’innovazione ha subito un’accelerazione spaventosa, che ha avuto in un sempre più breve ciclo di vita dei prodotti l’effetto più visibile:
Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli che questi strumenti possono rivelarsi pericolosi quando danno l’illusione di poter seguire più attività contemporaneamente; ad esempio, più applicazioni necessarie alla gestione delle attività quotidiane possono trovare posto sullo stesso tablet che ospita la posta elettronica, dandoci l’illusione di poter gestire contemporaneamente ed efficacemente più attività nello stesso tempo.
Purtroppo, si tratta solo di un’illusione.
Infatti, ogni volta che siamo immersi in un compito che assorbe completamente la nostra attenzione e ce ne stacchiamo per intraprenderne un’altra altrettanto importante, il tempo che consumiamo non è inferiore a 10 minuti per ciascuna fase: insomma, 20 minuti buttati e tanta, tanta energia bruciata.
Spesso inconsapevolmente.
Per citare un personaggio certo autorevole in fatto di innovazione, voglio citare un’intervista di Giovanni Minoli (Radio 24) a Federico Marchetti, amministratore delegato di Yoox, leader nella vendita online di capi di alta moda. Quando il giornalista ha domandato “C’è un momento in cui più degli altri le vengono nuove idee?”, Marchetti ha risposto: “Quando sono in piscina, lontano dallo smartphone…”.
Per chiudere, vorrei ricordare le parole di Abramo Lincoln:
Ecco, impiegare la tecnologia per gestire al meglio un’attività per volta ci aiuta ad affilare una sega, mentre pensare di usarla per gestire contemporaneamente due attività equivale a cercare di impiegare la stessa sega per tagliare due alberi nello stesso momento.
E difficilmente riuscire a tagliarne uno.
Cosa ne pensi?
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