Puoi avere successo se non fai niente per piacere?

Regia di Tom Hooper - 2009 - UK - 97 min.

Il maledetto United

Il film è tratto dal libro The Damned Utd di David Peace, che narra la storia dei 44 giorni trascorsi da Brian Howard Clough nel 1974 alla guida del Leeds United, al tempo la più prestigiosa squadra di calcio inglese.

L’allenatore, che nel campionato inglese è un vero e proprio manager (ha spesso responsabilità anche della gestione economica della società), arrivò a Leeds dopo che Don Revie aveva lasciato la panchina per occupare quella della nazionale; qui, infatti, Alf Ramsey era stato sostituito quando l’Inghilterra non era riuscita a qualificarsi per la fase finale del Campionato del mondo di calcio in Messico.

Don Revie aveva lasciato la squadra dopo anni di successi e dopo aver plasmato una squadra votata esclusivamente alla vittoria, costi quel che costi; lealtà, bel gioco, rispetto dell’avversario rappresentavano concetti che il coach aveva lasciato per anni al di fuori della porta e che Brian Clough aveva da sempre fatto propri.

Questi era arrivato a Leeds dopo aver vinto uno scudetto con il Derby County, squadra della quale aveva assunto la guida quando era in seconda divisione, e che aveva gestito con il suo secondo e grande amico Peter Thomas Taylor.

Ma a Leeds Peter non lo aveva seguito e Brian si era ritrovato da solo ad affrontare una situazione difficilissima, che non ti racconterò qui per intero per non toglierti il gusto di vedere il film.

La figura di Brian Clough è interessante perché è considerato il miglior allenatore inglese di sempre e uno dei più grandi nella storia del calcio, essendo riuscito a vincere tutto quello che c’era da vincere assumendo la guida di società che militavano in seconda divisione; egli infatti allenò con successo il Derby County e, soprattutto, il Nottingham Forest, team che condusse alla vittoria di due Coppe dei Campioni, nel 1979 e nel 1980.

Perché trovo il film interessante? Intanto guarda qualche scena, poi ne parliamo.

 

 

Come guardare il film

Brian Clough è descritto come una persona arrogante, irriverente, irascibile, ma anche portatrice di valori quali la lealtà sportiva, i risultati raccolti dopo un duro lavoro, il rispetto dell’avversario sul campo; una persona che fa poco o nulla per piacere e inserirsi all’ambiente nel quale lavora per ottenere risultati che anche altri, diversi dai calciatori, possano condividere.

La pellicola ci offre l’occasione di osservare diverse situazioni interessanti, nei quali i punti di cui sopra assumono rilevanza:

  • la dimostrazione che anche in uno sport come il calcio valori come lealtà, rispetto dell’avversario, vittoria ottenuta sul campo senza trucchi possano rappresentare un fattore di successo;
  • la capacità del coach di plasmare un ambiente che ha voglia di raggiungere risultati a sua immagine e somiglianza, trasferendo valori, metodi e idee che diventano pian piano prassi. E raccogliendo i risultati desiderati;
  • lo scarso interesse nell’operare un cambiamento all’interno di un’organizzazione che ha valori e meccanismi di funzionamento diversi da quelli desiderati. In questo caso il coach non si preoccupa di generare quella fiducia che gli consentirebbe di portare il gruppo alla condivisione del suo punto di vista, ma va dritto per la sua strada imponendo nuove regole;
  • la rivalità viscerale con Don Revie, che disprezzava e considerava un autentico nemico (vedi la scena dell’intervista congiunta in TV);
  • gli effetti devastanti che può generare un attacco a testa bassa diretto al capo o a chi ti dà lavoro;
  • l’importanza di “secondi” come Peter Taylor, capaci di integrare le competenze del capo e di limitare i conflitti usando sapientemente ragione e sentimento;
  • il valore dell’amicizia, che emerge prepotentemente dall’osservazione di un rapporto, quello fra Brian e Peter, che va ben oltre l’ambito personale.

Sufficiente per te? Per me lo è stato, anche se da tempo ormai non mi annovero fra gli amanti del calcio.

Buon divertimento!

Cast

Michael Sheen, Timothy Spall, Colm Meaney, Jim Broadbent, Stephen Graham, Maurice Roëve, Elizabeth Carling, Henry Goodman

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Commenti
Tiziana 21 Ottobre 2014 0:00

Mi ero già commossa leggendo la tua prefazione….poi vedendo il trailer ho pianto…perchè mi sento Brian tutti i giorni della mia vita…tu pensi veramente che certi valori e certa testardaggine portino a dei buoni risultati?…di sicuro allora mi sono trovata al momento giusto nel posto sbagliato, e nel posto giusto al momento sbagliato…

AM 21 Ottobre 2014 0:00

Credo nella persistenza, nella forza che metti nel battere sul chiodo che vuoi piantare nel muro.
Brian era una persona che viveva perennemente nel conflitto: con se stesso e con gli altri. E forse un pizzico di cautela in più gli avrebbe giovato.
Ma era una persona che credeva in quello che faceva e nei valori che sentiva propri.
Ti senti un po’ Brian? Non cìè niente di male, se accompagni il tutto con un po’ di quella prudenza che non pregiudica i risultati.
Grazie e a presto leggerti,
Arduino

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