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Il sindacato e il nodo "calato"

Il Trade Union Congress, l’associazione fra i più rappresentativi sindacati britannici, ha lanciato in estate la sfida dei tacchi in ufficio.

Al prossimo congresso nazionale sarà votata una mozione che, se approvata, vieterà alle donne di indossare scarpe con tacchi in grado di aumentarne in modo sostanziale la statura.

La scarpa dell’impiegata britannica non sarà più alta di 4 cm, con un valore desiderato di 2 cm.

La ragione? I tacchi causano danni alla salute e umiliano le donne (!?)

Le interessate, però, non sembrano essere d’accordo.

Insorgono in nome del diritto alla parità di altezza (alla quale alcune di loro attribuiscono parte della carriera), della femminilità, del diritto a vestirsi come meglio credono e a non essere discriminate.

Nessuno avrebbe mai il coraggio di mettere in discussione le cravatte degli uomini”, hanno affermato alcune intervistate.

Ma proprio questa affermazione ha stuzzicato la fantasia di un’organizzazione sindacale italiana, che per il momento ha chiesto di mantenere l’anonimato.

L’iniziativa? Non una, due!

La prima prevede il divieto assoluto della cravatta in ufficio: la cravatta nuoce alla circolazione sanguigna. Specie dopo pranzo, la necessità di sbottonare la camicia si fa impellente e l’assenza della cravatta eviterà l’inestetismo del nodo “calato”.

La seconda prevede la possibilità, per gli uomini, di indossare tacchi di altezza contenuta: l’ordine di grandezza sembra attestarsi intorno ai 5 cm.

Il vantaggio? Tutto legato alla carriera.

Poiché alcuni studi dimostrano che chi è più alto guadagna di più e fa carriera più facilmente, dare la possibilità ai dipendenti di indossare tacchi alti consentirà loro di godere di un vantaggio concreto e rintuzzare l’aspirazione femminile alle pari opportunità.

Elementare.

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