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Che farà mio figlio da grande?

23 Novembre 2010 | di Arduino Mancini Anti-curriculum, Colloquio di selezione, Lavoro

Mi imbatto con sempre maggiore frequenza nel tema della decisione su cosa i figli debbano fare da grandi, e dell’influenza che i genitori hanno su questa decisione.

Ho la sensazione che l’influenza di noi genitori su questa decisione tenda, in molto casi, a superare i limiti di guardia.

Ho conosciuto imprenditori che desideravano che i figli, dopo il diploma, si mettessero subito a lavorare in azienda, senza “perdere tempo prezioso”.

Altri invece che desideravano che i ragazzi frequentassero università prestigiose e si preparassero a diventare capitani d’impresa.

A livelli di reddito più bassi la scelta rimane la stessa, anche se le prospettive sono diverse: mettersi a lavorare dopo il diploma (ammesso di trovarne uno, di lavoro) o proseguire con l’università, con poche idee e ben confuse circa la scelta da fare?

Noi genitori, preoccupati per un futuro quanto mai incerto, abbiamo la tendenza a disegnare il futuro dei nostri figli seguendo tre direttrici:

  • raggiungere rapidamente una ragionevole sicurezza economica;
  • proiettare la nostra vita nella loro;
  • spingerli a fare scelte simili a quelle che noi abbiamo compiuto in passato.

Sbagliato? Non necessariamente, purché il tutto sia preceduto da poche, fondamentali domande:

  • chi è mio figlio?
  • cosa vuole essere nella sua vita?
  • cosa vuole diventare?

L’art. 147 del Codice Civile, che viene letto durante la celebrazione del matrimonio (e che in molti, io per primo, abbiamo dimenticato), così recita:

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

Capacità, inclinazione naturale e aspirazioni rappresentano le armi di competizione più potenti nelle mani dei giovani, le uniche in grado di garantire loro un lavoro in sintonia con la loro persona.

Queste, come genitori, dobbiamo sostenere.

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