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La tua organizzazione ha una strategia per la gestione delle risorse umane?

Ndo-cojo-cojo

18 Ottobre 2012 | di Arduino Mancini (S)management delle Risorse Umane

Post aggiornato il 23 marzo 2020

 

Oggi voglio proporti un tema del quale non molti, purtroppo, parlano con cognizione di causa: la strategia di gestione delle Risorse Umane.

Se guardiamo alla teoria dei giochi, scopriamo che la strategia rappresenta la regola che un giocatore impiega per rispondere alle mosse di un altro giocatore.

Nel caso delle Risorse Umane, la strategia di gestione rappresenta la regola che l’impresa, o in genere un’organizzazione, segue per fare in modo che il business sia gestito per mezzo di persone di adeguata preparazione e competenza.

Ma come si formula una strategia di gestione, in questo caso?

Te ne presenterò di seguito tre tipi, senza entrare in dettagli tecnici.

Il primo tipo è quello della gestione integrata delle Risorse Umane, che si basa sui seguenti punti:

  • individuazione delle conoscenze e competenze necessarie per la gestione del business;
  • mappatura dei ruoli e delle possibili evoluzioni;
  • verifica costante del fatto che le persone in organico siano portatrici delle competenze desiderate. Eventuali carenze sono colmate attraverso specifici programmi di training e formazione, comunque necessari per la «manutenzione» della conoscenza;
  • assunzioni se ne fanno quando non vi sono, all’interno dell’organizzazione, persone in possesso delle competenze necessarie e/o in grado di ricoprire i ruoli scoperti. Le opportunità di crescita sono perciò preferenzialmente offerte alle persone in organico;
  • valutazione almeno annuale delle prestazioni (performance appraisal), inserita nel più ampio processo di performance management, fondamentale anche per la revisione periodica delle retribuzioni;
  • livelli retributivi complessivamente competitivi, tali da rendere l’impresa interessante per le persone. L’individuazione del livello retributivo ottimale per ciascuna posizione si avvale di servizi di benchmarking retributivo.

Il secondo tipo è quello che definisco braccio teso e palmo oscillante, tipico di una gestione basata prevalentemente sull’esperienza e con un approssimativo impiego di informazioni circa le persone in organico. Vediamone le caratteristiche:

  • le conoscenze e competenze necessarie a gestire il business sono note, anche se in modo approssimativo, solo per i ruoli chiave;
  • i ruoli sono definiti in modo «spannometrico», non sono mappati e le loro possibili evoluzioni prevalentemente ignorate;
  • l’attenzione è rivolta a persone che occupano posizioni di responsabilità e/o che hanno saputo costruire relazioni a livello gerarchico adeguato, e verso persone «pescate» all’esterno a caro prezzo. Senza dimenticare coloro i quali sono stati capaci di guadagnarsi una certa visibilità;
  • la cura verso le persone, quelle di cui al punto precedente, si limita agli aspetti che hanno a che fare con la retribuzione;
  • salvo casi eccezionali, l’organizzazione non conduce analisi di «gap» di conoscenze e competenze e quindi tende a non intervenire per colmarli. Del resto, si sa, le competenze raramente hanno bisogno di manutenzione, specie a un certo livello gerarchico;
  • le assunzioni sono frequenti, anche perché non si sa bene che cosa si abbia in casa. Del resto, se non si è certi che le persone in organico siano di livello adeguato meglio non rischiare…;
  • non sono previsti processi strutturati di performance management e gli incrementi salariali sono lasciati alla capacità negoziale e al potere contrattuale di ciascuno;
  • i livelli retributivi sono fissati sulla base di non meglio identificati «valori di riferimento» del mercato, che lasciano la possibilità di tamponare le dimissioni di persone interessanti attraverso un rilancio e di lasciar andare le altre. Gli altri? Mah, fino a quando non si lamentano…

Veniamo a quella che è forse la più diffusa delle strategie: quella denominata «Ndo-cojo-cojo».

Eccone le caratteristiche:

  • il concetto di competenza è noto a tal punto da essere confuso con «ciò che compete», come attribuzione di responsabilità al ruolo. Per il resto ci si concentra su ciò che è necessario «saper fare» per ricoprire una certa posizione;
  • anche in questo caso i ruoli sono definiti all’occorrenza e in modo approssimativo. Inoltre non sono mappati e le loro possibili evoluzioni prevalentemente ignorate;
  • l’attenzione è rivolta a persone che occupano posizioni di responsabilità, che hanno saputo costruire relazioni a livello gerarchico adeguato o guadagnarsi una certa visibilità. L’attenzione verso coloro i quali sono stati assunti a caro prezzo continua fino a quando costoro non pestano qualche nobile callo o fino a quando la loro bravura, vera o presunta, giustifica ancora il commento sommesso: «L’avremo pagato caro, ma hai visto quant’è bravo?»;
  • le assunzioni sono frequenti e i dipendenti prevalentemente considerati inadeguati a gestire le necessità emergenti. Del resto è noto che la formazione non serve e la preparazione, uno bravo, se la fa sul campo;
  • la valutazione delle prestazioni non è, di regola, formalizzata. Le ragioni sono le più diverse ma tutte riconducibili a una grande verità: il silenzio, oltre a essere d’oro, è anche comodo. Nessuna necessità di spiegare, di giustificare e la possibilità di affermare «ma io non lo sapevo…»;
  • il personale rappresenta un costo che deve essere contenuto: la regola è spendere il meno possibile.

Ecco, Ndo-cojo-cojo è una strategia che raccoglie molti consensi e lascia la principale ricchezza di un’organizzazione sostanzialmente senza governo.

E se è vero che il business si fa con le persone, una strategia di questo genere affida prevalentemente al caso il risultato aziendale.

Ndo-cojo-cojo, appunto.

Qual è la strategia della tua organizzazione?

 

Trovi il post anche nel libro Palmiro e lo (s)management delle Risorse Umane – Tattiche di sopravvivenza aziendale.

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Commenti
Roberto 19 Ottobre 2012 0:00

Ottimo post Arduino. Una fotografia abbastanza reale del 95 % delle aziende che conosco. Il business lo fanno le persone che vogliono farlo. E per volerlo bisogna essere appassionati e incentivati.

    AM 19 Ottobre 2012 0:00

    Grazie Roberto,
    onorato prima di tutto dalla pazienza tua e di quanti lo hanno letto fino in fondo.
    A presto leggerti,
    Arduino

Andrea 25 Ottobre 2012 0:00

Il ndo-coio-coio non è solo nella gestione delle risorse umane ma anche nelle strategie di business. Che non ci sono.

    AM 25 Ottobre 2012 0:00

    Beh, in affetti la carenza è generalmente strategica: che investe poi aree diverse.
    Grazie per l’opportuna osservazione e a presto leggerti.
    Arduino

paolo moretti 14 Agosto 2015 0:00

Analisi purtroppo azzeccata in pieno! Purtroppo la struttura la fa la testa e il resto viene. .. al caso!

Marilena 7 Febbraio 2021 11:17

Anche nelle strutture che lavorano nel sociale, come la mia, la strategia imperante è, senza dubbio, quella del “ ‘ ndo cojo, cojo”.
Le competenze dei dipendenti servono solo per vincere i bandi di concorso, per il resto nessuna possibilità di crescita, nessuno scatto di anzianità, formazione approssimativa e solo su argomenti che servono solo per essere in regola con la legislazione vigente.

    AM 7 Febbraio 2021 16:53

    Insomma Marilena, non ti viene il sospetto che, oltre a non volerlo fare, non lo sappiano fare?

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