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Stipendi d’oro, aziende in rosso

28 Aprile 2008 | di Arduino Mancini Retribuzioni

È questo il titolo di un articolo con il quale il 3 aprile scorso Repubblica ha presentato un’inchiesta sulle retribuzioni dei 50 dirigenti più pagati fra le aziende quotate a Piazza Affari, confrontandole per settori omogenei con i loro colleghi europei.

Ecco a voi, per sommi capi, i risultati del 2007 confrontati con quelli del 2006.

Gli stipendi sono cresciuti del 29%, mentre sia le quotazioni di borsa sia gli utili sono diminuiti.

I manager italiani battono la media dei colleghi europei sia per incremento percentuale sia per valore assoluto della retribuzione.

Non ci dice, l’inchiesta, se i manager di casa sappiano fare meglio dei colleghi in termini di risultati d’impresa: la qual cosa ci sarebbe di consolazione.

Anche gli americani non ridono: qualcuno di voi ricorderà il post “L’AD acquista una casa lussuosa? Vendete il titolo!”, nel quale riassumo i risultati di uno studio che individua una correlazione negativa fra valore delle azioni e valore degli immobili acquistati dagli amministratori delegati.

Da cosa originano questi incrementi retributivi, dato che non sono attribuibili a maggiori profitti per gli azionisti?

Difficile rispondere in modo esaustivo: certo le relazioni, personali o familiari, sembrano pesare più dei risultati.

Ma due richieste vorrei farle.

La prima ai manager. Ai quali chiederei, di fronte a performance aziendali non esaltanti, di contenere l’incremento del proprio stipendio nei limiti di quello concesso ai dipendenti delle società che guidano (2,3% in media).

La seconda agli azionisti. Ai quali chiederei di avere maggior cura dei propri interessi: specie quando lo stipendio del manager cresce e gli utili avvizziscono.

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