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Il giudice va a cena da solo

22 Luglio 2010 | di Arduino Mancini Politica, politici, politicanti - Tattiche di sopravvivenza


Questo il titolo di un articolo comparso sulla Stampa di Torino lo scorso 16 gennaio 2010 e firmato da Carlo Federico Grosso, avvocato e docente di diritto, nonché figlio di magistrato.

L’articolo prende spunto dalle indagini che in questi giorni stanno interessando politici, alti magistrati e imprenditori per ricordare alcune regole di buon senso che dovrebbero ispirare l’azione di un magistrato.

Regole che ho sintetizzato per voi. State a sentire.

  1. Il magistrato deve prima di tutto apparire, poi anche essere assolutamente imparziale: se così non fosse la sua immagine sarebbe stata inevitabilmente intaccata.
  2. Il magistrato non dovrebbe essere “commensale abituale” di coloro nei confronti dei quali amministra la giustizia: se egli fosse visto sedere abitualmente al loro tavolo degli stessi commensali, frequentare circoli, salotti, cene o cenacoli la sua autorità ne sarebbe indebolita. Non deve, cioè, coltivare relazioni sociali, avere rapporti di interesse, anche soltanto ostentare amicizie nella città dove opera. Lo impone una regola elementare di prudenza.
  3. Il magistrato deve esprimersi esclusivamente con atti processuali e sentenze. Non deve esibirsi, rilasciare interviste, parlare dei suoi processi fuori dalle sedi processuali, cercare vetrina.
  4. L’attività del magistrato deve essere improntata a grandissima riservatezza. Ogni eccesso potrebbe infatti intorbidire un’immagine che deve apparire, invece, manifestazione di equilibrato esercizio delle funzioni.
  5. Il magistrato non deve utilizzare la notorietà comunque acquisita con i suoi processi per tentare la strada di carriere parallele: nella politica, nei ministeri, negli uffici studi dei partiti o in qualunque altro luogo che gli consentisse di avere rapporti ravvicinati con il potere politico. La stessa possibilità d’intraprendere una carriera parallela potrebbe costituire motivo di esercizio turbato della sua attività giudiziaria, improntata al perseguimento d’inconfessabili ragioni d’interesse personale piuttosto che al perseguimento dell’interesse di giustizia.
  6. Il magistrato osserva e fa rigorosamente osservare agli appartenenti all’ordine giudiziario regole di rigore e di prudenza nelle frequentazioni, nelle esternazioni, nei coinvolgimenti politici, nelle loro manifestazioni pubbliche e private.

Sempre secondo l’autore dell’articolo sarebbe opportuno, nel pieno accadere di una vicenda che rivela l’esistenza di una questione morale interna alla magistratura oltre che al Paese nel suo insieme, cogliere l’occasione per il rinnovamento quantomeno di alcune regole.

Ecco la proposta del prof. Grosso.

  • Il magistrato faccia soltanto il magistrato. Niente distaccamenti in un ministero, ufficio politico o ufficio studi. Inoltre, divieto di frequentazione di imprenditori, politici e società segrete.
  • Il magistrato deve evitare esternazioni improprie. Escluse le apparizioni televisive, le interviste sui processi in corso e l’autopromozione mediatica.
  • Il magistrato che volesse intraprendere la carriera politica dovrebbe dimettersi dalla magistratura per affrontare la nuova carriera libero da ogni condizionamento pregresso e futuro.
  • Una riforma dei criteri di selezione dei membri togati del Csm, per evitare finalmente che le trasversalità correntizie incidano sulla selezione dei dirigenti degli uffici, sulle decisioni disciplinari, su quant’altro potrebbe essere deviato dall’esistenza di rapporti impropri.

Difficile, per il prof. Grosso, vedere attuate queste norme per iniziativa politica.

A noi resta la speranza di uno scatto, se non d’orgoglio, almeno di buon senso dei magistrati.

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