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E se i ricchi volessero davvero pagare più tasse?

6 Settembre 2011 | di Arduino Mancini Politica, politici, politicanti

Negli scorsi mesi la stampa ha insistito su notizie che ai più, il sottoscritto incluso, sono apparse sorprendenti: molti ricchi chiedono di pagare più tasse.

Ma fanno sul serio o per finta? E quanto è ampio il fenomeno?

Ha cominciato Warren Buffett, l’eccentrico imprenditore americano da sempre sostenitore di Barack Obama, il quale sostiene che il livello di tassazione al quale è sottoposto è troppo basso e che lui paga percentualmente meno tasse di un suo dipendente.

Lo hanno seguito Liliane Bettencourt, proprietaria del maggior gruppo cosmetico al mondo (L’Oreal), e altri 15 miliardari francesi, che hanno sollecitato il governo ad alzare le tassazione delle persone ricche per contribuire a migliorare i sofferenti conti pubblici francesi.

In Germania il fenomeno è più vasto. ll medico in pensione Dieter Lehmkuhl, in possesso di un patrimonio personale di € 1.5 m, ha raccolto intorno a sé numerosi imprenditori, insegnati, professionisti che in molti casi hanno ereditato le loro ricchezze e oggi intendono contribuire ai conti del proprio paese. Come? Offrendo allo stato la liquidità presente nei loro conti correnti. Insomma, soldi veri.

Abbiamo più di quanto bisogno”, ha dichiarato Dieter Lehmkuhl in un’intervista.

Anche in Italia le cose si sono mosse. Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari e imprenditore, ha proposto al Governo di tassare i ricchi e al contempo di ridurre i privilegi della classe politica. “Scandaloso tassare la classe media e lasciare intatti i redditi di persone facoltose”, ha dichiarato in un’intervista.

Che cosa hanno fatto finora i governi? Praticamente nulla.

In Italia il Governo sta affannosamente cercando di far quadrare le sue lacerazioni interne con una finanziaria che ogni giorno cambia e della quale in molti abbiamo smesso di seguire le evoluzioni: la proposta di Montezemolo è certo stata accolta con diffidenza, anche alla luce del suo possibile ingresso in politica (vedi lo studio “Il marchio è di destra o di sinistra?).

La sensazione che ho maturato è che i governi valutino le proposte delle persone favorevoli a una maggiore tassazione come un fenomeno limitato e che il timore di creare malumori nell’establishment economico sia prevalente.

Ma se così non fosse? Se davvero il fenomeno fosse più vasto e la tassazione fosse, per una volta, il mezzo per creare consenso?

Lo scopriremo solo tassando.

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