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Perché, la colpa, è essenziale per il funzionamento dell'organizzazione!

Tutta colpa tua!

2 Dicembre 2011 | di Arduino Mancini Tutta colpa tua

Post aggiornato il 24 marzo 2020

 

Lo confesso: ho un debole per la colpa.

Pensi che sia preda di uno dei miei soliti attacchi di ironia?

Ebbene, ti sbagli: dammi poche righe e vedrai.

La parola “colpa” è fra le più ricorrenti e permea tutta la nostra vita: essa accompagna la sana e comoda abitudine a giudicare, piuttosto che a valutare, persone e situazioni.

Ci permette di risparmiare tempo nel distinguere fra diverse situazioni e motivazioni dei singoli ad agire in una direzione piuttosto che in un’altra: ci aiuta anche a dividere chi ci circonda fra buoni e cattivi, bravi e incapaci, fedeli e traditori e altro ancora.

Insomma, un contributo concreto all’economia di pensiero e una rassicurazione circa la comprensione di chi sta da quale parte della staccionata.

Anche quando tocca a noi prenderla sulle spalle essa dispensa tutta la sua utilità e, oserei dire, amichevolezza: riconoscere le proprie colpe aiuta a distendere gli animi e a ripartire su basi più solide verso la costruzione di migliori rapporti personali.

Per questo, quando capita di sbagliare, ammettere il proprio errore può essere davvero molto utile.

Ma è nella vita dell’organizzazione che la colpa dimostra tutto il suo valore economico e sociale.

Quando siamo di fronte a un evento negativo che coinvolge più persone, la ricerca della responsabilità e l’individuazione del colpevole permettono a un numero più o meno elevato di persone di confermare la propria adeguatezza al ruolo, di convincersi che “in assenza di quell’idiota il problema non l’avremmo mai avuto”.

Il capro espiatorio permette all’organizzazione di riappropriarsi della convinzione della propria infallibilità: attività e processi riprendono a fluire senza intoppi e gli obiettivi, come sempre ambiziosi, rimangono a portata di mano.

Lo so cosa stai pensando e so anche cosa commenteresti se chiudessi qui.

Il colpevole di turno ci priva di un’analisi adeguata delle ragioni che hanno portato all’evento indesiderato e non riduce affatto la probabilità che quello stesso evento si verifichi nuovamente.

Sono d’accordo con te; tuttavia ritengo che sarebbe opportuno che capissi, una volta per tutte, che a qualcosa dobbiamo saper rinunciare.

L’idea di un’organizzazione che analizza sistematicamente il proprio comportamento non può essere compatibile quella di una agile e scattante, tesa come la corda di un violino a raggiungere gli obiettivi che si è data.

Credimi, la colpa e la ricerca del colpevole sono essenziali nel funzionamento dell’organizzazione.

Non vorrai mica negarlo, vero?

 

Trovi il post anche nel libro Palmiro e lo (s)management delle Risorse Umane – Tattiche di sopravvivenza aziendale.

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Commenti
Claudia 2 Dicembre 2011 0:00

Penso che (per me che sbaglio almeno 3 volte al giorno qualcosa)
l’essenziale e’ non ripetere lo stesso sbaglio.
Scontato …ma quando riconosco che i miei errori sono dati da un difetto che conosco bene e che possiedo ( un pensiero troppo veloce e spesso un po’ casinista)
non me ne faccio troppi problemi .
Ovviamente perche non sono gravissimi.
Si , e’ vero , a volte invidio le mie colleghe precise e metodiche , loro non sbagliano quasi mai , perche hanno acquisito la disciplina di cio’ che svolgono… alcune volte le ammiro ..
ma poi penso che …non so come spiegarlo sinceramente ; ecco : e’ un po come se loro avessero imparato (con impegno e metodo) a fare dei buonissimi tortellini , e se ne cibassero mattino/mezzogiorno/sera…..
be’ .. io invece sono quella che a volte nemmno lo so che cosa sto mangiando ..pero’ i sapori sono sempre diversi quando sono commestibili ..
Insomma ; dagli errori sono scaturiti anche grandi scoperte no?
…………..ebbene si , e’ probabile che io stia cercando una giustificazione ai miei errori .
…..non potremmo chiamarli “variabili d’ambiente” ???no vero??…
:o)
Saluti

    Claudia 2 Dicembre 2011 0:00

    Ha , mi rendo conto che il tema in effetti era “la colpa” e non gli errori , ho letto troppo velocemente …
    Analizzare le situazioni per capire la causa dello sbaglio
    e’ giusto , capire di chi e’ la colpa sara anche giusto ma ai fini della soluzione dl problema creato non lo trovo tanto efficace ….
    mah ?

Cristian 5 Dicembre 2011 0:00

Ciao Arduino,

Io avrei anche speso un paio di parole su come le organizzazioni tendano a cercare un soggetto colpevole proprio per proteggere la propria immagine nei confronti del mercato (L’organizzazione deve essere infallibile ed uscirne sempre vincitrice).

Purtroppo spesso il colpevole finisce per essere l’ultima ruotina del carro, la figura sacrificabile insomma.

Questo non cambia il succo dell’argomento e, chiaramente, non ci esime da un corretto esame di coscenza per riconoscere (e anche ammettere, perchè no) che in fondo in fondo, ci piaccia o no, nessuno è infallibile!

Un abrraccio e a presto

Cristian

isa 6 Dicembre 2011 0:00

io credo che riconoscere la propria colpa sia un atto di coraggio e nello stesso tempo il punto di partenza per correggere l’errore e fare in modo che non si ripeta. l’organizzazione ha bisogno di sapere di chi è la colpa per poter scoprire da dove e come nasce l’errore, forse eliminarlo non è possibile ma evitare che si ripeta sì. certamente sbaglia di più chi fa qualcosa ed osa rispetto a chi non fa niente e sta a guardare.
Partendo dal presupposto che nessuno è perfetto l’obiettivo è cercare di fare sempre la cosa giusta e prendersi la responsabilità di ogni conseguenza.
La colpa è sempre vista in modo negativo, perchè positivo è il merito, ma in sostanza che differenza c’è? siamo noi che facciamo la differenza in ogni circostanza e mentre dare la colpa è facile per tutti, prendersela …. non è da tutti.
saluti

AM 6 Dicembre 2011 0:00

Commenti interessanti, che provengono da punti di vista diversi: ma questo è tibicon.
Cristian concentra l’attenzione sulle dinamiche che portano ad attribuire la responsabilità a una sola persona: situazioni che possono generare sofferenza e anche costare (anche all’azienda…).
Isa, invece, scopre l’aspetto della colpa che permette di individuare l’errore (Claudia, in qualche modo rientri in gioco, questo è talento!) e l’area di miglioramento connessa.
Emerge dalle sue parole il tratto della persona che si confronta con l’ambiente e non teme né il confronto né la scoperta dell’errore. La colpa come mezzo di miglioramento? Va bene, sembra dirci Isa.
Ma non tutti siamo tanto resilienti e sotto il peso della colpa, specie quando sommariamente attribuita, taluni possono soccombere.
Il mio era un pezzo ironico, come avrete capito.
Trovo indispensabile cercare di individuare ciò che deve essere migliorato, individuarne le responsabilità (che nella maggior parte dei casi sono distribuite, non conentrate sulla singola persona) e mettere in atto azioni opportune.
Ciò che non posso assolutamente condividere è la tendenza a cercare il colpevole che lascia tutti gli altri candidi: e l’area di miglioramento intatta.
Cosa ne pensate?
Grazie per i commenti.
Arduino

Claudia 6 Dicembre 2011 0:00

azioni :
-errore commesso in un progetto
-conseguenze all’errore (perdita tempo/danaro)
-reazione negativa della direzione alla perdita
-la direzione ricerca del colpevole

caso 1) si individua il colpevole e lo si informa del guaio
che ha causato provocando nel colpevole le seguenti reazioni:
a) la prossima volta non prendera piu decisioni rallentando inevitabilmente
la progressione del progetto
b) cerchera’ di scaricare la colpa su altri creando presupposti per altre indagini
rallentando inevitabilmente la progressione del progetto
c) incolpera’ la direzione che vuole tutto e subito e lo costringe a lavorare con pochi dati
e di fretta (o scusanti simili)
caso 2) ci si incontra e si cerca di capire dove e’ nato l’ “inceppo”
facendo comunque sempre un gioco di squadra , piu il coinvolgimento sara’
al plurale piu chi sa di avere compiuto l’azione materiale si fara’ una autoanalisi ,
senza sentimenti di vendetta futuri.
Io la vedo cosi.

stefano 19 Giugno 2013 0:00

Credo che l’emergere dei problemi sia inevitabile in qualsiasi organizzazione umana, dalla famiglia. I problemi sorgono e accadono continuamente, e quasi sempre c’è sempre la possibilità di risalire al colpevole.

Può servire addossare colpe e responsabilità ?

Identificare il colpevole può essere molto utile, ma può anche favorire un processo che mina la produttività e la coesione, ovvero un approccio che può generare sfiducia nelle capacità, nei talenti, competenze del colpevole identificato.

Credo che un orientamento organizzativo con approccio supportivo alla risoluzione dei problemi, piuttosto che l’identificazione del colpevole in sé, possa giovare al superamento della crisi, dell’errore,
favorendo l’indispensabile ricostruzione di fiducia e team working, necessaria alla fluidità dell’organizzazione stessa, che deve sempre tendere a promuovere la produttività.

Addossare la colpa agli altri , stanare il colpevole, rendere tutti i componenti dell’organizzazione consapevoli dell’errore personale può rivelarsi molto controproducente.

AM 19 Giugno 2013 0:00

Uno dei punti fondamentali, nella gestione della “colpa” a livello organizzativo, è che quasi sempre assomiglia più a una resa dei conti che a un momento di apprendimento. Ho la sensazione, Stefano, che tu volessi andare verso il fare dell’analisi un momento di apprendimento. Ho capito bene?
Grazie e a presto leggerti.
Arduino

stefano 27 Giugno 2013 0:00

si Arduino. Credo che la vita migliori attraverso l’apprendimento, e che anche l’analisi possa far parte del processo migliorativo che serve ad apprendere dai nostri errori. grazie a te e a ben leggerti. mi piace il tuo stile. a presto.

    AM 27 Giugno 2013 0:00

    Grazie, benvenuto.

Cesare Cioni 22 Agosto 2014 0:00

Interessante provocazioone, Arduino, in apparente polemica con la tendenza dominante (almeno in teoria, ché in realtà è ben poco praticata) che dice che cercare la colpa o il colpevole è inutile o non costruttivo; e che è meglio cercare soluzioni che colpevoli. Io di questo resto convinto, perché di solito la ricerca di qualcuno da colpevolizzare diventa un modo per non affrontare il problema; ma hai ragione, una volta affrontato e risolto il problema, trovare di chi è “la colpa” è necessario, non per farne un capro espiatorio ma per poter analizzare cosa è successo, magari verificare se la persona in oggetto è adeguata al ruolo e sa prendersi le peoprie responsabilità, certamente, ma soprattutto capire se il sistema e le procedure sono in grado di prevenire o contenere l’errore.
Personalmente, quando ho avuto persone da formare o da dirigere, ho sempre apprezzato quelle che ammettevano senza probvlemi la propria “colpa” (chi non sbaglia?) ma allo stesso tempo si operavano per contenerne le conseguenze e suggerivano o implementavano azioni correttive per eliminare il rischio che si potesse ripetere.

AM 26 Agosto 2014 0:00

Ciao Cesare,
il tuo mi pare un approccio almeno costruttivo.
A presto leggerti,
Arduino

AM 2 Ottobre 2014 0:00

Grazie Cesare,
articolo interessante.
Continua pire a segnalarne!
Grazie e a presto leggerti,
Arduino

Tiziana 2 Ottobre 2014 0:00

…io posso solo dire che nella mia vita mi sono sempre accollata le mie responsabilità per colpe (o mancanze come mi piace definirle) mie e… degli altri…molte volte ho assunto sulla mia persona la colpa di certe situazioni negative in cui sicuramente e palesemente c’era un altrui responsabilità…sono sadica?
non ho mai avuto rimorsi ma solo rimpianti…e le colpe che generosamente mi hanno lasciato in ricordo!!

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