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Quanto è difficile fare impresa...

Le cose vanno bene? Piango, piango lo stesso!

23 Luglio 2012 | di Arduino Mancini Costruisci la tua resilienza

Sto leggendo il libro GROM, storia di un’amicizia qualche gelato e molti fiori.

Gli autori sono Federico Grom e Guido Martinetti, proprietari di quella che probabilmente è la più nota catena italiana di gelaterie e una delle più interessanti storie imprenditoriali degli ultimi anni.

Perché vale la pena di leggere il loro libro?

Oltre a essere ben scritto, il libro rende evidente come il successo di un’impresa sia fatto prima di tutto di qualità: delle materie prime, dei processi produttivi, del personale, del prodotto finale.

Dalla loro storia emergono anche le difficoltà che deve affrontare chi intende investire nel nostro paese.

Vi leggo un passo scritto da Guido Martinetti.

Il 2007 è stata un’annata incredibile (…).

Eppure sto piangendo.(…). È un pianto di sconforto.

Siamo in ufficio, seduti in sala riunioni, e per la prima volta analizziamo il bilancio che (…) abbiamo chiuso pochi mesi prima del 30 settembre.

Emanuele, il nostro giovane commercialista, è sorpreso dalla crescita aziendale.

Grom sta diventando quella che molti definiscono “una bella storia”. I numeri sono gratificanti: gli investimenti hanno portato ad assumere molte persone in più – ormai siamo un centinaio – cui offrire nuove responsabilità e retribuzioni migliori. Abbiamo quasi raddoppiato il fatturato. Siamo pronti, quinto anno di fila, a reinvestire tutti i guadagni: nuovi negozi, assunzioni e così via.

Un circolo virtuoso.

Eppure, quando arriviamo a leggere l’utile, i miei occhi si fanno prima sorridenti, poi lucidi.

Ema ci legge l’utile lordo; è molto buono: 251 mila euro. È una cifra che non avrei mai sognato di raggiungere pochi anni prima (…): quel numero mi sembra incredibile.

Poi Ema ci legge l’utile netto (…): è di € 102.000. Paghiamo € 149.000 di tasse, il 59,4% (…).

Scopro, mi dice Emanuele, che la musica quella: più assumiamo, più ci indebitiamo, più l’Irap è alta. Più creiamo occupazione, più rischiamo, più elevate sono le tasse che paghiamo.

Mi sento usato dal mio paese.

Piango.

Credo che alle parole di Guido ci sia ben poco da aggiungere: le condizioni per fare impresa in Italia sono ormai sempre più seppellite da un carico fiscale insostenibile sia per i privati sia per le imprese.

E del quale la classe politica porta sulle spalle la responsabilità principale.

PS: volete sapere di più della storia di Guido e Federico? Potete innanzitutto leggere il libro (scorrevole, interessante e ben scritto). Oppure potete aspettare l’autunno; quando li ho incontrati al Salone del libro di Torino i due imprenditori mi hanno promesso un’intervista per tibicon, che spero proprio di realizzare. Vero ragazzi?

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Commenti
andrea 27 Luglio 2012 0:00

una storia triste e drammaticamente vera, una storia che mi mette paura per il futuro

Tiziana 1 Agosto 2012 0:00

E’ molto bello l’entusiasmo che Guido mette nel suo lavoro, e molto commovente la gioia per i risultati ottenuti. E’ molto triste il finale, una tristezza che sovrasta la gioia. Io uso una parola diversa per dire come mi sento nel mio paese: sfruttata, ma alla fine il risultato è lo stesso. Sono sempre stata fiera del mio paese, ma la tristezza si fà sempre più grande. Buone vacanze a te Arduino e a tutti i tuoi lettori!

AM 2 Agosto 2012 0:00

Grazie Tiziana,
anche a nome dei tanti che, con me, vorranno ricambiare.
A presto leggerti,
Arduino

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