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E mò e mò... Moplen!

19 Settembre 2013 | di Arduino Mancini Pubblicità e marketing

In estate ho pubblicato un breve post nel quale ho riportato tre spot pubblicitari che hanno, o hanno avuto in passato, un grande successo di pubblico ma che sembrano dare scarsi risultati nello scopo stesso della loro esistenza: far ricordare il marchio all’acquirente potenziale.

Ma come si fa a evitare questo genere di inconvenienti?

La risposta è ben nota e riportata su ogni genere di manuale di comunicazione pubblicitaria: includere il nome del prodotto nel jingle o nel pay-off.

Eccone un validissimo esempio.

Lo spot che ti presento risale agli anni ’60 e relativo al moplen, brevetto e marchio registrato di una materia plastica scoperta negli anni ’50 da Giulio Natta (e che gli valse il Nobel per la chimica).

Il moplen è ancora una delle materie termoplastiche più impiegate nell’industria idrosanitaria e dei casalinghi, come Gino Bramieri ci mostra.

“E mò e mò… Moplen!” e “Ma Signora badi ben, che sia fatto di Moplen!” ci hanno perseguitato per decenni e sono ancora nella testa almeno delle persone che hanno più di 50 anni.

Che cosa impedisce oggi di fare una pubblicità che riproduca nel jingle o nel pay-off il marchio pubblicizzato?

Direi sostanzialmente tre cose:

  1. La difficoltà di realizzazione. Perché, obiettivamente, il compito non è banale;
  2. Il Cliente, intendo quello che paga lo spot, non sempre è al corrente di cosa funziona e cosa no nella comunicazione pubblicitaria. E allora basta mostrargli qualche buon sondaggio sul ricordo per convincerlo che lo spot funziona, magari dimenticando che il ricordo del messaggio e quello del prodotto sono cose distinte;
  3. La fretta. Bisogna andare in onda e allora ci si accontenta di quello che l’agenzia propone. E se si è a corto di idee si può sempre ricorrere alla seduzione…

Ho dimenticato qualcosa?

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Commenti
roberto 24 Settembre 2013 0:00

Cos’è la vita senza…. Morositas!
Non ripetere il nome del prodottone nel jingle o nel pay-off è sicuramente uno sbaglio, però…
Però il pay-off negli annunci stampa è posizionato sempre sotto al logo del prodotto o dell’azienda e dunque la mancanza qui è anche logica.
Inoltre mi sembra che non da oggi la comunicazione pubblicitaria più che per associazione tenti di creare delle sovrapposizioni, cioè di far combaciare per associazione (martellando!) il proprio marchio con alcune parole o concetti molto generali e positivi.

Se c’è bravura e forza sufficiente nel messaggio, il vantaggio che ne deriva è evidente, non si starà vendendo solo un diamante ma una vita di ricchezza, non solo una bibita ma la stessa felicità.

Un diamante è per sempre, …
Enjoy…

Certo che utilizzare questo modo di comunicare senza autorevolezza sufficiente, equivale a fare un bellissimo autogol.

    AM 25 Settembre 2013 0:00

    Ottimo commento. Grazie e a presto leggerti.
    Arduino

Ilaria 24 Settembre 2013 0:00

Credo che la fretta sia una caratteristica di questi tempi che non giova quasi mai. Tutto sempre più veloce, tutto subito, anche se fatto peggio, fatto male, senza passione, tanto deve durare poco così se ne fa uno nuovo.

    AM 25 Settembre 2013 0:00

    Già. E spesso il pensiero è il grande assente.
    Grazie e a presto leggerti,
    Arduino

Ilaria 25 Settembre 2013 0:00

Forse perchè con la testa non siamo nel momento presente ma, a quello successivo.

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