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Il giorno in cui ho imparato che, alla preparazione, non c’è alternativa.

esame fisica

Oggi voglio raccontarti un episodio che ho vissuto da studente universitario, e che ha influenzato profondamente il mio modo di affrontare la vita professionale: un episodio che qualcuno ha addirittura associato a un tentativo di suicidio.

Ma andiamo con ordine.

Mi ero iscritto alla facoltà di ingegneria dell’Università la Sapienza di Roma nel 1975 e nella sessione estiva cominciai a sostenere i primi esami.

Avevo un compagno di studi che mi aiutò moltissimo a superare il primo esame, quelli di Analisi Matematica 1, vero e proprio spauracchio per quanti come me arrivavano dal Liceo Classico: un 23 che aveva per me il sapere del 30 e lode che il mio collega aveva effettivamente portato a casa.

Sulle ali dell’entusiasmo cominciammo a studiare Fisica 1, altra vetta proibitiva; il professor Paoletti era una persona distinta e cortese, che ricordava un po’ il Clark Kent di Superman, e che un giorno ci aveva confidato di aver dato in tutta la sua carriera accademica sono due trenta: a un ragazzo davvero preparato e a un tizio che non aveva bisogno delle sue lezioni.

Coraggio!

A fine luglio, ultimo appello utile prima delle vacanze, il mio collega e io “provammo” lo scritto di Fisica1.

Le cose andarono disastrosamente per entrambi e ci rassegnammo a studiare nel mese di agosto per sostenere nuovamente l’esame nella seconda metà di settembre.

Nel fatidico giorno ci trovammo ad affrontare una prova scritta (5 esercizi da completare in 3 ore) piuttosto complicata: Il mio compagno di studi fece un compito sufficiente e dopo un orale durissimo portò a casa un 20 del quale era più che contento.

Io, decisamente meno preparato, allo scritto mi ero fermato a 12 trentesimi, che rappresentata la soglia minima a partire dalla quale si poteva tentare l’impresa di portare a casa un 18.

Sconsideratamente tentai.

L’esame prese immediatamente una brutta piega: fui strapazzato alla prima domanda e distrutto alla seconda, che verteva su uno di quegli argomenti che “tanto non chiedono mai”, e che naturalmente avevamo saltato a piè pari.

Ma la cosa più ridicola accadde quando il professore mi congedò: nel pallone più totale, non avevo capito che mi aveva bocciato ed ero rimasto lì ad aspettare la terza domanda.

“Prego, si accomodi, il suo esame è finito”, disse nuovamente il professor Paoletti, con la voce sobria e gentile che lo contraddistingueva.

Probabilmente farfugliai qualcosa, non ricordo; ricordo invece perfettamente che, alzandomi per allontanarmi, non badai al fatto che la sedia era stata piazzata su una predella alta 20 cm: feci una storta e caddi rovinosamente nell’ilarità generale.

Venne a soccorrermi un compagno di liceo, venuto ad farmi coraggio, il quale pensò di sdrammatizzare dicendo: “Certo che se volevi suicidarti potevi tentare da un’altezza diversa, non credi?”.

Che cosa mi ha insegnato questa tragicomica esperienza?

Tre cose.

La prima è che gli esami non si “tentano”, ma si sostengono quando si è ragionevolmente pronti a superarli.

La seconda è che non vanno trascurate parti “che tanto non chiedono”, perché se un argomento è inserito in un programma prima o poi salta fuori, e se tocca a te sono dolori; inoltre, il fatto di non aver preparato tutto il programma almeno a livello di decenza può spingerti a vivere l’esame nella preoccupazione che arrivi la domanda indesiderata, quella che ti costringerebbe a capitolare.

Infine, mai andare a rimorchio. Studiare con una persona più preparata può essere di grande aiuto se mantieni un atteggiamento attivo; se invece lasci al tuo collega la soluzione dei problemi, come avevo sconsideratamente fatto, alla fine non avrai fatto quella sana fatica che ti permette di imparare.

Tre cose che, dopo quell’episodio, sono sempre stato attento ad osservare e che mi hanno permesso di non ritrovarmi più in situazioni analoghe: nemmeno nella vita professionale.

Tu hai avuto esperienze simili alla mia?

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Commenti
Cinzia 30 Agosto 2016 0:00

Si esperienza molto simile per un esame di letteratura inglese …utilissima a capire le tre cose da te elencate !!!!

Cinzia

AM 30 Agosto 2016 0:00

Ciao Cinzia,
vuoi raccontarci la storia?
A presto leggerti,
Arduino

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