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5 domande da porre a chi non vuole ricompensare il tuo lavoro

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Ti sei trovato ad affrontare situazioni in cui il tuo interlocutore ti offriva, per il tuo lavoro, un compenso inadeguato?

Ho pensato che potesse essere utile, a te e agli altri lettori, riflettere insieme sul tema e formulare alcune domande che possono essere utili nel corso della trattativa.

Immagina di essere un giovane in cerca di un impiego che ti permetta di fare una prima esperienza professionale. In tasca puoi avere una laurea in legge (magari vuoi prepararti all’esame da notaio o da avvocato), in architettura o in economia (magari hai sempre sognato di fare il commercialista…); l’elenco non è esaustivo, ma puoi completarlo commentando il post.

Cosa meglio di uno studio professionale per fare esperienza?

Ecco che parte la ricerca; sei in gamba, ricco di entusiasmo, invii un curriculum vitae curato nel dettaglio e adattato al singolo studio, fai diversi colloqui e la proposta che ti senti fare più spesso è quella di lavorare gratuitamente.

Sì, gratis. Ma perché gratis?

In molti casi il tuo interlocutore non sente neanche il bisogno di giustificare l’atteggiamento, tanto se te ne vai tu ne arriva un altro; tuttavia, se hai abbastanza forza di rimanere in silenzio senza abbassare lo sguardo, potrai vedere chi ti sta di fronte cedere alla tensione e improvvisare una qualche giustificazione, non sempre imbarazzata.

Eccone alcune fra le più gettonate:

  • è la nostra politica, per noi tenere una persona in stage è un onere;
  • il tuo compenso è rappresentato dall’esperienza che potrai maturare in questi mesi di lavoro con noi;
  • in questo momento non possiamo permetterci di offrire un compenso per uno stage, fra qualche mese si vedrà.

Non è detto che le cose cambino dopo un po’ di tempo, perché al periodo di stage può seguirne uno, anche lungo, caratterizzato da una retribuzione non allineata al tuo contributo professionale.

Un fenomeno limitato a persone in fase di costruzione professionale?

No, succede anche a persone di consolidata esperienza, come sanno bene molti colleghi: le tue capacità sono apprezzate, purché costino poco o, meglio ancora, niente.

Non rara la circostanza in cui, di fronte a un’offerta di servizi per lui interessanti, il Cliente proponga di pagare il 50% alla conclusione del lavoro e il 50% a risultati ottenuti (vuoi che qualcosa non vada storto e non si creino le condizioni per negare il 50% rimanente?); altro sentiero battuto consiste nello “stracciare” il compenso paventando la possibilità di una collaborazione di lungo periodo.

A cosa è dovuto questo fenomeno? Perché le persone tendono a non retribuire adeguatamente la conoscenza?

Le risposte a queste domanda non possono avere carattere generale, ma possono essere utili al fine di adottare adeguate contromisure. Vediamone alcune, possibili, ragioni:

  • la conoscenza è molto apprezzata, purché non costi;
  • è opinione diffusa che non ci sia pari dignità fra chi offre conoscenza e chi offre denaro;
  • negli studi professionali troviamo spesso persone che hanno alle spalle un passato duro, nel quale sono state a lungo pagate nulla o pochissimo. Ora non trovano di meglio che rivalersi sui nuovi arrivati;
  • se è vero che tenere una persona in apprendistato non porta vantaggi, perché sostenerne l’onere? Faccio fatica a pensare a un’organizzazione che non intende retribuire il lavoro di una persona sia al contempo tanto generosa da trasferirle un adeguato bagaglio di conoscenza;
  • difficile che una persona motivata ad apprendere non possa, se adeguatamente guidata, offrire un contributo degno di un compenso.

Come comportarsi in situazioni del genere?

Non ho una risposta valida in tutte le circostanze; tuttavia, in situazioni assimilabili a quelle descritte in precedenza potresti porre al tuo interlocutore alcune domande che potrebbero sortire effetti interessanti.

Eccole:

  1. quale pensi che debba essere il mio contributo, nel periodo in cui lavorerò per voi?
  2. per quali ragioni pensi che dovrei accettare la tua proposta?
  3. se fossi al mio posto, troveresti la tua proposta interessante?
  4. quale pensi che possa essere la mia motivazione nel lavorare per te, se accettassi la tua proposta?
  5. quale valore attribuisci a ciò che non ha un costo?

A queste domande se ne possono aggiungere altre, oppure possono essere diversamente formulate (a te la facoltà di integrare l’elenco, magari avvalendoti dei commenti al post).

L’effetto che sortiscono di solito è quello di aiutare l’interlocutore a prendere consapevolezza della sua richiesta, qualora non l’avesse già maturata, e di fargli comprendere che le carte sono scoperte; questo potrebbe infastidirlo e portarlo a chiudere ogni possibilità per il futuro.

E questo sarebbe seccante, lo so, tuttavia non posso evitare di porti una domanda:

quale opportunità può realmente offrirti chi non intende ricompensare equamente il tuo lavoro?

 

Puoi approfondire il tema leggendo questi articoli:

Se vuoi imparare le tecniche per formulare domande efficaci fai clic qui.

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Commenti
Cesare 9 Ottobre 2014 0:00

Credo che tu abbia centrato l’obiettivo con questa affermazione: “è opinione diffusa che non ci sia pari dignità fra chi offre conoscenza e chi offre denaro” – tutte le altre discendono da questa. Perché lo stesso intrerlocutore non si sognerebbe mai di fare la stessa proposta a chi gli offre una merce tangibile: magari tirerebbe sul prezzo, ma non si sognerebbe mai di chiederla gratis solo per l’esperienza o il prestigio di lavorare per lui (a meno che non sia la Regina d’Inghilterra, o qualcosa del genere: ma non è questo il caso).

Andrea 29 Dicembre 2015 0:00

Buongiorno , anche se a distanza di più di un anno dalla pubblicazione, devo dire ottimo articolo d’attualità in ogni caso, complimenti. Nel mio caso potrei dire colpito ed affondato, ritrovandomi in una situazione simile. Premetto che sono un senior e che ho alle spalle poco meno di trent’anni di esperienze lavorative, di cui gli ultimi 15 per la stessa azienda, mi sono state affidate sempre più responsabilità e devo dire che me le sono prese, ma parlando terra terra, soldi sempre molto pochi. L’ultima due anni fa circa, quando un mio collega decise di cambiare strada professionale, bene in quel momento, io, dovevo dare una mano all’azienda per sopperire ad una situazione critica venutasi a creare, e volete sapere la risposta quando , il mese scorso, ho “avuto l’ardire” di chiedere una revisione del mio compenso? Bene, ho cozzato contro un muro di risposte , alcune delle quali le vedo elencate nell’articolo, ma quella che mi ha ferito veramente non è stata tanto il “no, non è il momento”, (questo me lo aspettavo, è storia vecchia ed ho 50 anni!), ma bensì il misero tentativo di rimbalzare la cosa sempre più in alto, quasi nel tentativo di farmi desistere per la paura di parlare con il vertice. Forte delle mie ragioni, percorro tutta la scala gerarchica, dal mio capo, passando poi dal capo del personale, fino all’AD, per sentirmi dire cosa? Che non è il momento, e questa gliela passo, ma soprattutto che non capiva il perché io fossi arrivato a lui per una cosa “banale”( per lui probabilmente lo era) come una revisione del mio stipendio!!! Bella situazione!!! quindi? Dopo che mi sono fatto un giro di giostra tra i vari capi e capi dei capi, senza nulla ottenere, torno al mio lavoro, demotivato a mille, ma non per questo, perché mi ritengo una persona seria, verrò meno ai miei doveri. Non so quale delle due parti abbia vinto la battaglia, se battaglia da vincere c’era, certo ora guardo l’organigramma, con un occhio molto diverso e anche con un senso di amarezza. Non è detto che io molli, tornerò alla carica, ma non vorrei neanche ricominciare il giro in giostra dei vari uffici, potrei perdere la pazienza e un lavoro in questo momento è sempre un lavoro ed è una fortuna averne uno, è questa l’arma che negli ultimi anni viene spesso usata , a volte senza scrupoli, la paura di perdere il lavoro! Chiudo dicendo che, mio malgrado, mi ritrovo a dover dare ragione al punto dell’articolo che cita testualmente “la conoscenza è molto apprezzata, purché non costi”, aggiungiamo anche la parola esperienza e direi che il quadro è completo. Gioco forza in molti casi, è la totale mancanza di scrupoli in una certa cerchia di persone, che mascherando le loro scelte/decisioni dietro alibi come la crisi, la competitività, i costi ecc. ecc. pensano di poter decidere in bene ed in male alle spalle delle persone che lavorano sodo, siano esse senior come me ( tanto c’è sempre uno che costa un euro in meno e magari si sbatte anche di più), sia, e questo è ancor più vergognoso, alle spalle delle nuove generazioni di lavoratori, che si trovano a valutare offerte di lavoro a dir poco ridicole se non addirittura vergognose, e questo lo posso affermare con certezza, visto che ho figli che si stanno approcciando al mondo del lavoro. Scusatemi se mi sono dilungato troppo. Andrea

AM 8 Gennaio 2016 0:00

Ciao Andrea,
non scusarti per la lunghezza del commento perché ha aiutato a capire la situazione.
Molto spesso, troppo spesso, le persone che ricoprono un ruolo con prefessionalità e responsabilità si aspettano di essere ripagati con riconoscimento, nelle diverse forme che assume: non sempre questo corrisponde alla realtà.
In Italia, debbo ammettere, non è prassi.
Il tuo è un caso classico di s-management del personale gestito con grande oculatezza da tutta l’azienda.
Si può affrontare con successo una situazione del genere? Direi di sì, anche se gli strumenti non sono convenzionali e le soluzioni da impiegare richiedono tempo.
Cosa suggerirti?
Due cose:
– in questo blog puoi trovare molti spunti di riflessione, spesso forniti da persone che affrontano situazioni simili alla tua;
– se non lo hai letto, credo che possa esserti utile il mio libro http://bit.ly/palmiro focalizzato proprio sui temi della gestione del personale;
– per quanto riguarda i figli, la cosa migliore che possiamo fare è aiutarli a percepire il mercato del lavoro almeno come europeo, favorendo così scelte che non tengano solo conto del paese in cui vivono. Un modo per dirti di lasciarli andare all’estero? No, un modo per non considerare l’Italia come unica opzione.
grazie del commento e a presto leggerti.
Arduino

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