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Come farsi del male con la dissonanza cognitiva

7 Marzo 2016 | di Arduino Mancini Costruisci la tua resilienza - Storie Storielle Storiacce

Farsi del male
Quella che vedi nella vignetta è una situazione che ho vissuto in prima persona, in un periodo della mia vita nel quale ero spesso vittima della dissonanza cognitiva, nella trappola della quale è piuttosto difficile non cadere.

Perché? Te lo spiego subito.

Che cos’è la dissonanza cognitiva

Innanzitutto ti spiego brevemente il concetto di dissonanza cognitiva, la quale descrive situazioni in cui veniamo a contatto con due o più elementi “cognitivi” (quali ad esempio nozioni, opinioni o credenze) fra loro in contrasto.

Poiché ci sentiamo emotivamente soddisfatti quando esiste consonanza fra gli elementi cognitivi di cui disponiamo, quando viviamo situazioni nelle quali le informazioni note sono incoerenti fra loro, cioé dissonanti, dobbiamo affrontare un disagio che cerchiamo di ridurre o eliminare. E per ridurre la dissonanza cognitiva possiamo agire in tre modi, molto diversi fra loro:

  • generare un cambiamento nell’ambiente;
  • modificare il nostro comportamento;
  • cambiare la nostra rappresentazione del mondo.

Dissonanza cognitiva, esempi

Facciamo tre esempi, tutti vissuti da Palmiro, il protagonista della vignetta.

  1. Palmiro sta da tempo cercando un (nuovo) lavoro ma, nonostante sia in possesso di un buon curriculum vitae, nelle selezioni si vede preferire altri candidati. Come può accadere questo? Eppure Palmiro è uno bravo. La conclusione alla quale giunge l’interessato è che la fortuna non gli è amica e gli altri sono più abili di lui nel mettere a frutto le “ottime conoscenze” che sono stati bravi a costruire.
  2. In azienda si è creata l’opportunità di occupare una posizione molto interessante e Palmiro si fa avanti per occuparla. Tuttavia la sua candidatura viene accolta con freddezza e gli è preferita una collega, che peraltro egli non stima. Palmiro è esterrefatto e si domanda come possa essergli preferita una persona tanto poco preparata: ma a suo avviso le ragioni possono essere cercate nel rapporto un po’ speciale che l’interessata intrattiene con il nuovo capo. Inoltre, Palmiro ha l’abitudine di dire pane al pane e vino al vino, e le persone poco “politiche” in azienda, si sa, non vanno lontano.
  3. Palmiro sta giocando un importante torneo di tennis amatoriale; la partita vale l’accesso alla semi-finale e deve vedersela con un giocatore che lo ha quasi sempre battuto. Il nostro eroe ha vinto la prima partita ma ha perso malamente la seconda; nel terzo e decisivo set è sotto per 0-3 quando, nel tentativo di rincorrere un pallonetto, il suo avversario cade rovinosamente ed à costretto a ritirarsi. Palmiro vince la partita ed è immensamente felice: in fondo non è detto che avrebbe perso la partita e per una volta la sorte gli ha restituito ciò che troppe volte in passato gli ha sottratto.

Cosa hanno in comune queste tre situazioni?

In tutte Palmiro cerca di trovare la sintesi fra l’insuccesso personale e il bisogno di mantenere la stima verso se stesso; fra le possibili strategie per ridurre la dissonanza egli sceglie di cambiare la rappresentazione della realtà e cercare le ragioni dell’insuccesso nelle circostanze; o nella sfortuna.

Palmiro avrebbe potuto cercare di generare un cambiamento nell’ambiente, facendo in modo che le persone potessero apprezzare le sue qualità; oppure avrebbe potuto cercare di modificare il suo comportamento, definendo un piano per migliorare le sue prestazioni.

Dissonanza cognitiva significato

Cosa possiamo imparare dal comportamento di Palmiro?

Che scegliere di prendersela con il mondo è una soluzione comoda, perché ci permette di mantenere integra la stima che abbiamo verso noi stessi e ci consente di fare poco o nulla per cambiare.

E soprattutto ha un grande pregio: che potremmo non scoprire mai che cosa non ha funzionato.

Tu cosa ne pensi?

Se vuoi approfondire il concetto di dissonanza cognitiva puoi leggere questo articolo o la scheda di questo libro.

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Commenti
Ada C. 9 Marzo 2016 0:00

Una valutazione da parte del manager poco più che mediocre relativa a un anno di durissimo “tiro di carretta” mi ha procurato altro che dissonanza…un travaso di bile con annesso senso di frustazione che non provavo da anni. Due le alternative: dare la colpa a fattori su cui non ho controllo (‘età non più verde, essere donna, appartenere a un gruppo poco visibile in azienda) oppure cercare di cambiare qualcosa, per esempio mettendomi a studiare qualcosa di nuovo. Mi sono procurata un libro su una nuova tecnologia, ho manifestato interesse verso questa area, e adesso – s’intende con calma – la vedremo! Tanto cosa rischio? Se poi non si approderà a nulla, avrò comunque levato un po’ di ruggine dal cervello e dimostrato a me stessa che la morte civile può aspettare. Grazie degli auguri.

AM 9 Marzo 2016 0:00

Eccellente Ada,
non finisci mai di stupire.
A presto leggerti,
Arduino

Elisabetta 21 Marzo 2016 0:00

Devo congratularmi e prendere esempio da Ada anche se dopo 21 anni passati in un comune e, poco apprezzata, sette mesi fa ho ricominciato in un altro comune.

Ada C. 22 Marzo 2016 0:00

Brava Elisabetta!
Suggerisco di far tesoro dell’esperienza – seppure magari amara – concedendo comunque fiducia ai nuovi colleghi. Difficile dilemma… In bocca al lupo!

Stefano Marchetto 21 Ottobre 2016 0:00

Ciao a tutti,
il mio pensiero, soprattutto nell’ultimo periodo, mi porta a “non mascherare la realtà” dandole ragione oppure cercando teatri inesistenti.
La mia volontà è quella di scoprire e sapere i motivi delle azioni che subiamo o che produciamo e le considerazioni mi hanno portato alla conclusione e alla volontà di imparare sempre più cose nuove per essere il più preparato possibile “per il prossimo passo”.

Massimo 30 Luglio 2022 15:05

L’ognun per sé è imperante ed è buffo aspettarsi da una società analitica, che possa giungere a conclusioni olistiche. Questo vale tanto per le sorti di Palmiro, che molto occidentalmente, tende a sopravvalutare i propri attributi, quanto e per gli stessi motivi, per coloro che selezionano.
Vedere l’albero e non notare la foresta.

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