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Quando il vice direttore diventa… vicario.

24 Febbraio 2012 | di Arduino Mancini Management e Smanagement

Spesso sentiamo parlare di vice direttore vicario.

I contesti sono i più disparati: associazioni, aziende, redazioni… potrei continuare a lungo.

Perché istituire una carica che contiene due sinonimi?

Ho deciso di dare un’occhiata da vicino alla questione consultando il dizionario Hoepli.

Ecco che cosa ho trovato.

Vice

  • Chi fa le veci di un superiore assente o nella momentanea impossibilità di esercitare le proprie funzioni.

Vicario

  • Che fa le veci di un superiore di grado.

La distinzione che il dizionario sembra fare è nella momentaneità della funzione, esplicita nel caso del vice: una sfumatura, direi.

Perché allora definire un vice anche vicario? Ecco la mia, personalissima, opinione:

  • tutte le volte che, in un’organizzazione, troviamo un solo vice non troviamo il vice-vicario;
  • il vice-vicario si materializza quando ci sono più vice, evidentemente per distinguerli.

Che differenza c’è fra il vice e il vice-vicario, alla fine della storia, quando un’organizzazione li ha entrambi?

Difficile dare una risposta generalmente valida, poiché a volte a queste posizioni sono assegnate deleghe precise altre volte no. Tuttavia possiamo ragionevolmente affermare che di solito il vice-vicario è il vice autentico, mentre il semplicemente-vice ha un titolo che permette di indentificarlo come persona vicina a posizioni di potere.

Che fare allora per capire quanto conta il vice, vicario o no, di turno?

Indispensabile leggere le deleghe. E se di deleghe non ne trovate le ragioni possono essere diverse:

  1. il vice (vicario o no) è il vero detentore del ruolo;
  2. il vice-vicario svolge compiti di sostituzione del detentore del ruolo in situazioni specifiche, mentre gli altri vice hanno la possibilità di fregiarsi del titolo senza che a questo corrispondano contenuti sostanziali.

Insomma, il vice è un …vice.

Tu cosa ne pensi? Hai esperienze diverse?

 

 

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Commenti
rotondo g.ezio 1 Marzo 2012 0:00

A mio parere il vicedirettore ha comunque una posizione gerarchica vicina al direttore e quindi sovraordinata rispetto al resto dell’organico.Il vicario assume questo ruolo effettivo solo in assenza del direttore per cui i presenza del direttore non conta assolutamente nulla.

Gianluca 1 Marzo 2012 0:00

Questo post mi riporta ai tempi della scuola…. il vero terrore non era il Preside, un’entità quasi astratta, bensì il Vice Preside che era il vero detentore del “potere esecutivo”..
ciao a presto
gl

federico 1 Marzo 2012 0:00

la cosa più suggestiva mi sembra la sopravvivenza di queste terminologie di sapore più o meno ecclesiastico nelle segrete stanze del potere. Il vicario, il preposto (prevosto, vero don Abbondio?)… Ho sempre sognato un consiglio di amministrazione che si facesse chiamare “capitolo”, come nei monasteri o tra i canonici.
Comunque, è sempre meglio dell’orribile e spoetizzante inglese, che inganna pure assai noi europei: un vice-president americano molto spesso è poco più di un impiegato.
meglio il vicario… sacralità che sale lenta, come una nebbia primaverile…

AM 2 Marzo 2012 0:00

Ha senso, secondo voi, la posizione di vice o vicario?

federico 2 Marzo 2012 0:00

in ordine sparso, cinque minuti di considerazioni assai incomplete da pausa caffè:
1. in queste simpatiche discussioni troppo spesso lasciamo da parte le dimensioni dell’azienda, che però in tema di organizzazione sono importantissime. se tu e io, caro Arduino, ci mettiamo insieme e fondiamo un’azienda “bifamiliare”, tu fai il presidente e io il vice, ma tutto ciò non ha un gran significato, è quasi folclore. Per un’azienda grande, magari anche operante su più sedi e in diversi paesi, è un altro paio di maniche.
2. definire chi ha la responsabilità in caso di “sede vacante” (anche solo causa ferie o viaggio di lavoro) certo aiuta a non disorientare i collaboratori.
3. talora la distinzione tra capo e vice, a qualsiasi livello organizzativo ci si collochi, è più che altro una definizione dell’area di intervento. Per solito, il capo opera soprattutto “ad extra” e il vice, più operativo, “ad intra”. Spesso il capo bada al suo capo – tutti ne hanno uno, foss’anche l’azionista – e magari ai clienti/fornitori principali, il vice ai collaboratori e ai clienti/fornitori minori. E’ la perfetta immagine del preside/vicepreside già qui evocata.
4. incarichi senza deleghe formalizzate servono solo a decorare i biglietti da visita. In genere, ai vice vengono comunque affidate in prima persona alcune responsabilità dirette (anche per tenerli occupati quando il capo è in sede, se no fanno la fine dell’estintore appeso al muro: nullafacenti fino all’incendio…)
Troverei però più intrigante sviluppare il tema “una vita da vice” (ti ricordi “una vita da mediano”?). Come si fa a fare bene il vice? E qual è il rapporto giusto tra capo e vice?
Le varianti sono innumerevoli: il vice carognissima che fa cattiverie infernali ai collaboratori perché tanto il capo lo difenderà comunque (con variante: il vice braccio armato segreto del capo, quando ci sia da sporcarsi le mani e il capo voglia fare il verginello che non lo sapeva…). Il vice Bruto, intento a cospirare per far fuori il capo e sedersi sulla sua sedia. Il vice eterno secondo, a cui manca “quel qualcosa” e gli mancherà sempre. Il vice frustrato, perché quel posto in realtà lo meritava lui. Il vice ancora più frustrato, perché crede che quel posto spettasse a lui, e invece non gli sarebbe dovuto spettare nemmeno il posto di vice. Il vice più realista del re. Il vice che non aspetta altro che la sparizione del capo, e quando il capo va in ferie ha la sua “settimana da leone”. E via dicendo, in piena “Camera cafè”, visto che i collaboratori spettegolano molto più volentieri sul vice che sul capo. Non è mica facile fare il vice, credo. Bisognerebbe chiedere a qualcuno che lo fa.
Ciao

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