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Non erano donne radical chic

14 Febbraio 2011 | di Arduino Mancini Conosci il Soffitto di cristallo? - Violenza sulle donne. E bambini

Si è tenuta ieri in 230 città italiane (secondo Il Mattino) una manifestazione che intendeva lanciare «un urlo collettivo» contro Silvio Berlusconi e denunciare «la degenerazione della libertà in arroganti libertinismi» che offendono la dignità delle donne.

La partecipazione è stata ampia: difficile affermare che si è trattato di poche radical chic, come ha fatto il ministro Gelmini.

Molte donne si sono schierate contro la manifestazione, a strenua difesa delle posizioni del presidente del consiglio, oppure non hanno ritenuto di partecipare perché non si sentono offese dal fatto che un numero imprecisato di giovani donne, che qualcuno ha definito “mendicanti griffate”, cerchino una via breve alla ricchezza e a quello che sentono di definire successo.

Un dibattito aperto, quello che si è tenuto in rete e su alcuni giornali prima della manifestazione, che è tornato ad affrontare una questione femminile che da noi esiste.

Dal bell’articolo di Barbara Stefanelli sul Corriere prendo alcuni numeri.

Le donne italiane si diplomano e si laureano più e meglio degli uomini, ma neppure una su due ha un lavoro retribuito. Una percentuale che ci pone ai piedi della classifica europea, meglio solo di Malta. A parità di livello, le donne guadagnano il 17% meno dei maschi.

Una donna su quattro lascia il lavoro dopo la maternità: su 100 bambini solo 10 trovano posto in un asilo nido, meno di 5 su 100 in uno comunale.

Le donne ministro rappresentano il 21% del totale, le parlamentari non superano il 20%.

Nelle società quotate la presenza femminile nei consigli di amministrazione arriva al 7% mentre le capo azienda sono meno del 4%.

E il futuro?

In Italia l’identità delle giovani è messa a dura prova dalla cultura dell’immagine che le porta a cercare di capitalizzare il corpo in nome di un’idea di successo che, per il carattere passeggero che il tempo le conferisce, finirà per avere breve respiro. Aggiungo che i modelli che taluni programmi di elevatissimo ascolto propongono sono fatti si una popolarità che “risolve” grazie al colpo di fortuna piuttosto che al lavoro e alla preparazione.

La realtà delle donne che ogni giorno affrontano una vita estranea a quella delle ragazze delle quali oggi ossessivamente si parla è fatta di giornate difficili, nelle quali conciliare la vita di madre, moglie e un lavoro troppo spesso non retribuito con il quale contribuire a mandare avanti la baracca.

Oggi, come mai forse in passato, l’Italia ha bisogno delle sue donne: della loro energia, della loro preparazione, della loro minore inclinazione ai compromessi e alla corruzione, della loro minore tensione al potere, della loro concretezza.

Abbiamo bisogno quell’energia che ieri ha invaso le strade diventi il motore di un cambiamento che faccia dell’Italia un paese, come dice Barbara Stefanelli riprendendo una frase del 1946 dal diario di Luciana Castellina, nel quale una diciottenne senta di dire: «Sono felice di vivere, di discutere, di vedere il mondo, di esprimere quello che provo: sono felice di tutto. Il mondo è mio e lo voglio».

Chiudo l’articolo con la notizia che la foto di una donna afghana sfigurata in volto per aver abbandonato il tetto coniugale (vedi la copertina di TIME) ha vinto il primo premio del prestigioso concorso World Press Photo 2010: un’occasione in più per ricordare quanta strada dobbiamo ancora percorrere.

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Commenti
MARIA ANTONIETTA 15 Febbraio 2011 0:00

SONO PIENAMENTE DACCORDO CON L’ARTICOLO RIPORTATO.
E’ UNA VITA CHE COMBATTO NEL MONDO DEL LAVORO E COME DONNA DEVO AFFERMARE CHE NON E’ FACILE.
MA DEVO AGGIUNGERE UNA MIA CONSIDERAZIONE,I GIOVANI CHE OGGI SI AVVICINANO AL LAVORO FANNO FATICA,NON SOLO PERCHE’ MANCA IL LAVORO…(SARA’ POI VERO??? NESSUNO SI PRIVA DI NIENTE)..MA SONO IL RISULTATO DEI GENITORI ,DELLA MANCANZA DI DISCIPLINA , REGOLE UMILTA’E PRINCIPALMENTE RISPETTO.E DI UNA EDUCAZIONE BASATA SUL TUTTO E SUBITO.
CON GENITORI CHE PIANIFICANO UNA VITA..FACILE?PER LE PROPRIE FIGLIE,MA QUANTO SQUALLIDA.?.
QUANTE RAGAZZE SANNO QUANTO E’ GRATIFICANTE GUADAGNARSI UNA COSA E, SE ARRIVA CON IL SACRIFICIO SI APPREZZA E SI CURA DI PIU’?

CORDIALMENTE
MARIA ANTONIETTA

Monica F. 15 Febbraio 2011 0:00

Bravo Arduino. Ora si tratta di affrontare il cambiamento insieme. Come nelle piazze di domenica, con gli uomini al fianco, pronti al sostegno e ad oltranza. Non è solo una questione femminile, in questo gioco perverso all’abbrutimento dei sessi gli uomini devono farsi carico di recuperare l’immagine sgretolata della dignità maschile. L’Italia ha bisogno delle sue donne ma ha tanto bisogno di Uomini, con la U maiuscola, quelli che non hanno bisogno di osteggiare e indebolire le donne per sentirsi tali.
Coraggio!

luigi 16 Febbraio 2011 0:00

Che le donne possano far carriera al pari degli uomini è più che giusto. Sono intelligenti e preparate almeno al pari dei loro compagni. Ma credo che sappiano fare qualcosa di più. Si tratta di un lavoro molto importante, fondamentale nell’interesse di tutto il tessuto sociale: la madre. Noi uomini possiamo solo scimiottare questa funzione. Magari lo facciamo anche abbastanza bene, ma non è mai la stessa cosa. Se una donna rinuncia a fare la madre a tempo pieno perchè deve realizzarsi anche nel lavoro, è un suo diritto. La società ne guadagnerà qualcosa, sicuramente. Ma quanto perderà, la società, come conseguenza del fatto che quel figlio, crescendo, non potrà prendere il meglio dalla sua vita di bambino e di ragazzo, godendo della presenza di una madre “part time” e diventando probabilmente un uomo a metà? Questo è difficile quantificarlo, ma per me è un problema. Tutto ha un prezzo. Anche la soddisfazione di vedere tante donne felicemente inserite in politica, nelle aziente e negli uffici della P. A. Un prezzo che credo sia inevitabile che si debba pagare.
Luigi

elisabetta 16 Febbraio 2011 0:00

Elisabetta

Ci sono mamme che lavorano a tempo pieno e riescono comunque a curare figli, famiglia e coltivare amicizie, senza avere nessun senso di colpa, anzi anche con un discreto successo.
Certo le difficoltà sono molte, perchè devono “lavorare” il doppio, o forse il quadruplo, ma non per farcela, bensì per riuscire a ricoprire ruoli fino ad ora destinati solo ad uomini.
Non penso proprio che i figli possano soffrire nel vedere una mamma realizzata e soddisfatta, certamente durante i primi mesi di vita, come accade in tutto il mondo animale, il bambino ha una becessità fisiologica di stare con la madre, su questo non si discute. Ma credo che i problemi siano altri: avere una legislazione che aiuti, non solo le mamme, ma anche i padri, a conciliare bene e meglio impegni familiari e professionali, ma soprattutto una legislazione che davvero supporti le donne che lavorano, rendendo le condizioni (promozioni, scatti di livello, stipendi) uguali per entrambi i sessi. Ancora oggi, in un paese pur “democratico” come l’Italia, questo non avviene. E non dipende solo dalla legislazione.

Una mamma felice che fa un lavoro che le piace

AM 16 Febbraio 2011 0:00

Grazie Elisabetta.
Questo è il modello che ci piace.
Complimenti.
Arduino

Donatella 16 Febbraio 2011 0:00

Mi associo a quanto scritto da Elisabetta.
Ci sono Donne madri di famiglia, che lavorano, rivestendo anche ruoli di responsabilità. Donne che oltre ad essere madri, mogli, amiche e lavoratrici, sono soprattutto delle grandi organizzatrici.
Tutto viene organizzato meticolosamente, perchè nella giornata tutto deve tornare. Certamente non è semplice. Ma ce la si può fare benissimo. Gli aiuti non dispiacciono, ma a volte basterebbe anche solamente l’essere capite e apprezzate per il nostro impegno, soprattutto dall’ Uomo con il quale condividiamo la vita.
E non credo che noi madri “part time” come qualcuno ci ha definite, possiamo essere inferiori alle madri “full time” … Non lo credo affatto!
E’ più facile che “uomini a metà” si diventi prendendo ad esempio padri che non si assumono le proprie responsabilità ed il proprio carico di lavoro.
Si può essere brave madri e brave lavoratrici allo stesso tempo, così come si può essere cattive madri pur non lavorando.
E di madri come Elisabetta ce ne sono tante. Solo non appaiono. Questa realtà è la vera forza del nostro Paese, il quale dovrebbe garantire, attraverso una legislazione più attenta alle necessità, maggior tutela ed aiuto a tutte quelle Donne che, da brave imprenditrici, stanno investendo ora sulla loro persona e sul futuro dei loro figli, per avere un domani un Paese migliore, basato sui veri valori quali la famiglia, l’amore, l’amicizia, il rispetto, la tolleranza e meno frivolo.
Noi Donne possiamo farcela, ma con l’aiuto degli Uomini sarebbe fantastico!
Yes, together we can! 🙂

luigi 17 Febbraio 2011 0:00

Parla un padre che ha sempre seguito molto da vicino i propri figli, rinunciando anche alla carriere per essere il più possibile presente nella loro vita, specie in considerazione di un grave handicap che ha copito il primogenito. Mia moglie ha continuato a lavorare per i primi anni successivi alla nascita dei bambini. Poi ha dovuto fare una scelta. E’ vero che, per fortuna, potevamo permettercelo, finanziariamente, altrimenti avremmo dovuto continuare col lavoro di entrambi, come tante coppie sono costrette a fare, ma è anche vero che, da quando mia moglie ha deciso di lasciare il lavoro per dedicarsi alla famiglia, tutto è cambiato in meglio. Sono, ad esempio, finiti i pianti disperati del più piccolo che non ne voleva sapere di lasciare la madre, al mattino, per essere collocato in un asilo nido. Questo nessuna legislazione avrebbe potuto consentirlo. Le donne sono molto forti e capaci, è vero, ma sono comunque esseri umani, che si stancano ed hanno bisogno di recuperare energie. Che possano fare bene , al meglio, sia le mamme che le manager, questo lo dubito. Sono sempre dell’avviso che a qualcosa sia comunque necessario rinunciare. Sono cresciuto in una famiglia tradizionale. Ho 57 anni. Qunado ero bambino mio padre andava a lavorare e mia madre era sempre con me e le mie sorelle. Devo dire che non mi è dispiaciuta questa sua continua presenza. Se, successivamente, nella vita ho avuto la forza di affrontare e superare situazioni di una difficoltà indicibile, che non sto quì a raccontare, lo devo anche all’esperienza positiva che, sul piano affettivo e materiale, ho fatto durante gli anni dell’infanzia e della giovinezza.
Luigi

elisabetta 17 Febbraio 2011 0:00

Anch’io ho avuto una mamma “tradizionale” che mi ha sempre seguito e aiutato, sebbene sia stata fin da piccola molto autonoma. Però, ho avuto anche un papà molto speciale che mi ha sempre supportato, in tutti i sensi, affettivo in primo luogo e che ancora oggi tutte le mattine viene ad aiutarmi con i suoi nipotini, accudendoli, portandoli a scuola e giocando con loro. Certamente sono e sono stata molto fortunata.
Mamme “part time” o “full time” non ha importanza, l’importante è non demonizzare chi non può o non vuole rinunciare al proprio lavoro, o addirittura chi è costretto a farlo e finisce con il vivere con grande frustazione il mestiere + bello, che è appunto quello della mamma. La legislazione sì, ma è soprattutto la mentalità che deve cambiare…

luigi 18 Febbraio 2011 0:00

Lungi da me l’idea di demonizzare le donne che lavorano. Tanto meno approvo l’idea di discriminarle. Parlo solo del meglio, che nella vita raramente è possibile avere. Uomini o donne che siano, le persone vanno a lavorare prima di tutto per necessità, per portare a casa lo stipendio. Chissà quanti uomini o donne rinuncerebbero volentieri alla carriera, alle soddisfazioni professionali, alla gratifica del potere che viene da certe mansioni, per godersi la vita avendo cura delle persone care e delle attività per cui sono naturalmente “tagliate”. Tanti, se si arricchissero, per prima cosa smetterebbero di lavorare. Non per non fare niente, ma per occuparsi di cose che nella vita sono molto più gratificanti ma che hanno il difetto di non produrre reddito. Poi ci sono gli “stakanovisti”. Quelli che lavorerebbero pure gratis in cambio della sola soddisfazione di essere ritenuti “importanti. Ma sono una esigua minoranza. Quelli fortunati hanno la possibilità di lavorare facendo cose che piacciono, che corrispondono a specifiche loro attitudini. Ma anche questi sono una esigua minoranza. Per conto mio, credo che ogni attitudine e potere siano una responsabilità. Al posto di Berlusconi impiegherei gli ultimi anni della mia vita a costruire ospedali in zone povere del mondo, come lui stesso ha accennato. Altro che impegnarsi in cose che tanti altri possono fare allo stesso modo e con risultati simili. E questo nonostante che io non sia credente e non sia nemmeno un antiberlusconiano. E’ una questione di priorità che ognuno sceglie per la propria vita.
Luigi

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