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Meglio il voto o un piatto di pasta?

9 Dicembre 2014 | di Arduino Mancini Politica, politici, politicanti

saggi-scetticiIn un momento storico in cui in Italia vediamo scendere in modo netto sia la partecipazione al voto sia il livello di vita delle persone, reale e percepito, è possibile che la comunicazione politica cambi?

E come?

Forse può aiutarci questo breve passo di Bertrand Russel, tratto dal Discorso per il conferimento del Premio Nobel tenuto nel 1950.

leggiamolo insieme.

Se la politica diventasse una scienza, e se questa ipotesi non destasse costantemente sorpresa, sarebbe assolutamente necessario che il pensiero politico penetrasse più a fondo nelle radici dell’azione umana.

Qual è l’influenza della fame sugli slogan?

Il loro effetto può variare a seconda del numero di calorie della vostra dieta?

Se un uomo vi offre la democrazia e un altro vi offre un sacco di grano, a quale stadio d’inedia sarete indotti a preferire il grano al diritto di voto?

Cosa risponderesti a Bertand Russell?

Se sei interessato ai suoi scritti fai clic qui.

 

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Commenti
Gianluca 10 Dicembre 2014 0:00

negli anni ’50 Achille Lauro diventò sindaco di Napoli regalando pacchi di pasta al popolo. Nel corso dei decenni le modalità sono cambiate ma la sostanza è la stessa, gli esseri umani non cambiano.
in altre parole, il concetto del “pacco di pasta” si è evoluto col tempo, in funzione del progresso della società e dei bisogni che essa, di volta in volta esprimeva.

Negli anni ’60 – ’80 col benessere il “pacco di pasta” è stato soppiantato dal posto di lavoro in enti statali, parastatali, provinciali, regionali, comunali etc…
In anni di magra si è passato alle promesse di ammortizzatori sociali per poi arrivare alle “Social card” ed agli 80 euro in busta paga.
Visti i tempi e la parabola discendente, forse un domani non troppo lontano, ritorneremo a vendere il nostro voto per un piatto di pasta.

Silvia 9 Dicembre 2015 0:00

Sono abbastanza sicura che i giovani di oggi non lo faranno; Il nostro impegno starà nel spiegare loro che il voto e’ molto di più di un piatto di pasta che prima o poi finirà

AM 10 Dicembre 2015 0:00

Ciao Silvia e Gianluca,
la questione è posta da Russell in quale misura la fame, quella vera, possa influenzare il voto.
La questione che ponete è ancora più interessante, e cioé a che punto la soddisfazione di esigenze anche effimere possono portarci a mettere in vendita il voto.
Vedo in voi un pessimismo latente, non ingiustificato.
Ma c’è ch dice no, e con loro dobbiamo nnciae ai facili baratti.
Grazie e a presto leggervi.
Arduino

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