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Finisci, che poi ti dico…

L’ascolto è una di quelle funzioni essenziali della comunicazione che abbiamo visto almeno in parte diminuire di efficacia con l’avvento della multimedialità e in particolare degli smartphone, che ci sollecitano a dedicarci a più di una cosa in uno spazio di tempo contenuto.

Uno degli effetti dei nostri, spesso maldestri, tentativi di fare più cose contemporaneamente è rappresentato dalla deviazione di pensiero.

In che cosa consiste?

La deviazione di pensiero si verifica quando, durante una conversazione, l’attenzione di chi ascolta è catturata da idee, considerazioni o ricordi stimolati dall’argomento trattato che finiscono per portare l’attenzione altrove, con il risultato di perdere pezzi di informazione che potrebbero rivelarsi importanti.

Vediamo qualche esempio.

Il mio interlocutore mi parla di un argomento che presuppone un mio impegno futuro: allora comincio a pensare a quello che farò, programmando il futuro e smettendo di fatto di ascoltare.

Può anche accadere che il mio interlocutore mi stia chiedendo aiuto per individuare una soluzione a un problema: in questo caso è abbastanza comune che io, nella convinzione di aver già compreso l’essenza della questione, mi metta a pensare prima e a proporre poi (interrompendo chi sta parlando…) la soluzione.

Il caso più comune di deviazione di pensiero si verifica quando l’argomento della conversazione mi porta alla memoria un episodio personale: sì insomma, una di quelle situazioni in cui tu stai parlando e il tuo interlocutore ti interrompe e comincia a raccontare la sua esperienza personale, andando avanti per 10 minuti.

In questo caso le reazioni più comuni sono tre:

  1. comincio a pensare alla mia vicenda personale senza interrompere, perdendo comunque ascolto e attenzione. Se la persona con la quale sto parlando non se ne accorge tutto fila liscio: magari mi sono perso qualcosa, ma non ne sono a conoscenza e quindi posso stare tranquillo (meglio non sapere…);
  2. penso alla mia vicenda personale, non resisto alla deviazione di pensiero e cominciò a raccontarla anche se l’interlocutore on ha terminato il suo discorso;
  3. ma la vera perla si materializza quando, una volta che il ricordo è affiorato dalla memoria, la mia educazione mi impedisce di interrompere chi sta parlando e pronuncio le cinque parole magiche: finisci che poi ti dico. A quel punto tutta la mia attenzione non è più rivolta al tema della conversazione ma al momento in cui il malcapitato interlocutore avrà finito di parlare: quando potrò finalmente prendere la scena che mi spetta e che desidero disperatamente strappargli.

Ovviamente i comportamenti descritti nel secondo e terzo caso si fondano su una convinzione: che il mio interlocutore cominci ad ascoltare con attenzione quello che ho da dire dopo essere stato interrotto.

Pura illusione.

Ti sei mai trovato in una delle tre situazioni descritte?

Sì? Allora raccontacene una e scrivi senza fretta: siccome non stiamo parlando di persona non corri il rischio che io ti interrompa dicendo finisci che poi ti dico!

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